scelta discussa

Alla casa di riposo Honegger di Albino hanno aperto un nucleo per pazienti Covid

È una delle sette case di riposo della Bergamasca, quindici in tutta la Lombardia, su 700 che hanno accettato la proposta di Regione Lombardia. 22 malati saranno ospitati nel reparto autonomo di cure intermedie e avranno personale dedicato

Alla casa di riposo Honegger di Albino hanno aperto un nucleo per pazienti Covid
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Dalla mattina di mercoledì 8 aprile la Rsa "Casa Honegger" di Albino ospita i primi due pazienti Covid, un albinese e un pradalunghese, provenienti dagli ospedali del territorio e che necessitano di cure a bassa intensità. La casa di riposo seriana è infatti una delle quindici (su circa settecento) di tutta la Lombardia che ha accettato la proposta (deliberata l'8 marzo scorso) di accogliere pazienti Covid in via di guarigione o in condizioni comunque non gravi così da attenuare la pressione sui presidi ospedalieri. In totale, saranno 22 i posti letto a disposizione in quel di Albino.

Ovviamente, i pazienti non saranno tenuti nelle stesse aree degli attuali ospiti della struttura. La direzione sanitaria della Rsa ha comunicato di aver preparato da tutti i punti di vista questo inserimento, «con consulenza dei reparti infettivi e non dell'ospedale Papa Giovanni XXIII e con esperti in materia di salute e sicurezza, studiando, con i nostri operatori, protocolli e procedure». In particolare, è stata fondamentale la presenza nella struttura di un reparto autonomo di cure intermedie: si tratta di un'ala della struttura non legata all'attività di Rsa, ma solitamente utilizzata per ospitare persone che, dopo essere state dimesse dall'ospedale, necessitano ancora di alcune cure a bassa intensità prima del ritorno a casa. Un'ala separata, dunque, che è stata riorganizzata ora sotto forma di "nucleo Covid", che prevede, oltre a un distanziamento dagli abituali ospiti della struttura, anche l'impiego di personale interamente a esso dedicato.

Il tema è molto delicato. Il dott. Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo, aveva espresso su L’Eco di Bergamo forti perplessità sulla coabitazione degli ospiti delle Rsa e di pazienti infetti da Coronavirus. Lo stesso hanno fatto i sindacati confederali alla Regione e quelli bergamaschi all’Ats. La dottoressa Paola Pedrini, segretaria dell’Ordine dei medici della Lombardia, è giunta a definire, venerdì 27 marzo, «criminale l’idea di usare queste strutture per collocare le persone ancora positive al virus». Il dott. Marinoni è però albinese e la dott.ssa Pedrini è cresciuta ad Albino, entrambi conoscono bene la realtà della Honegger ed entrambi, prima di questo passo da parte della struttura, sono stati consultati. E Marinoni stesso (che tra l'altro è stato nominato membro della Comissione regionale che dovrà fare luce sui tanti casi di decessi e contagi avvenuti in diverse Rsa lombarde) spiega: «Mi sono confrontato con la dott.ssa Tiziana Mosso (direttrice sanitaria della struttura, ndr). Il discorso è che, in termini teorici, le Rsa sono delle strutture adatte a ospitare pazienti Covid, perché già preparate alle cure necessarie. Per dire: le Rsa sono già dotate, a differenza degli alberghi, di attacchi per l'ossigeno. Il problema è, ovviamente, i possibili "contatti" tra ospiti delle Rsa e pazienti Covid. Nel caso della Honegger di Albino, però, l'esistenza di un reparto autonomo per cure intermedie ha reso possibile una totale separazione dei reparti. E lo stesso vale per il personale: quello che si occuperà dei pazienti Covid non si occuperà anche degli ospiti della struttura».

Come ha riportato oggi (giovedì 9 aprile) Il Fatto Quotidiano, la Honegger non è rimasta immune, purtroppo, ai numerosi decessi avvenuti nel mese di marzo nelle Rsa bergamasche. Ma, come spiegano la dottoressa Mosso e il direttore amministrativo Pietro Pezzoli, «la Rsa ha deciso di dare il proprio contributo al Servizio Sanitario Nazionale, già in crisi per l'epidemia, impreparato ad affrontarla», dopo anni di tagli alla spesa sanitaria pubblica, aggiungiamo noi. Con tutte le necessarie e fondamentali precauzioni del caso, la nostra struttura aveva e ha i mezzi per poter dare un aiuto ed è quello che abbiamo voluto fare». Una decisione, aggiungono, che è stata valutata con molta attenzione dalla Fondazione e che «non si basa su alcuna logica di mercato. Non si sa neppure se e quando la Regione remunererà tale servizio. Si tratta di un dovere morale che una Fondazione così articolata, con numerosi servizi, non può non sentire nei riguardi della cittadinanza». In tal senso e a supporto di questa tesi, anche il mensile parrocchiale Albino Comunità viva ha pubblicato questo mese una lettera del dott. Marinoni intitolata appunto "Investire nella sanità pubblica".

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