Chiappani difende l'inchiesta Covid: «L'archiviazione non è un alibi per non fare niente»
Il procuratore capo di Bergamo, a Il Giornale, commenta le decisioni del Tribunale dei Ministri. I familiari delle vittime: «Grazie, noi continueremo a lottare»
Il procuratore capo di Bergamo, Antonio Chiappani, è tornato a parlare della molto discussa inchiesta Covid portata avanti da Piazza Dante e, di fatto, finita in un nulla di fatto dopo le tre archiviazioni (due a Brescia e una a Roma) disposte i mesi scorsi dal Tribunale dei Ministri per le posizioni dei principali indiziati politici, dall'ex premier Giuseppe Conte all'ex ministro della Sanità Roberto Speranza, dal presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana all'ex assessore regionale al Welfare Giulio Gallera.
«L'archiviazione non è un alibi per non fare niente»
In un'intervista rilasciata a Il Giornale, Chiappani (che a metà settembre andrà in pensione e lascerà quindi il suo ruolo a Bergamo) dice che «l'archiviazione non è un alibi per non fare niente. È come se i morti non esistessero più. Quando vedo la foto delle bare sui camion, penso al fatto che i morti di Bergamo al Tribunale dei ministri non hanno avuto voce. Il mio non è una censura giuridica, né procedurale, ripeto, ma nessuno ha pensato a loro».
Chiappani, nell'intervista, risponde alle critiche ricevute: «È populismo giudiziario cercare di ricostruire, ai fini di individuare eventuali responsabilità? È tra i compiti di una Procura o, come mi è stato contestato, non si doveva fare? Qui ribadisco che il materiale raccolto, come ho sempre sostenuto, non serviva solo a dare delle risposte giudiziarie, ma anche scientifiche, epidemiologiche, politiche. Gli italiani ed i bergamaschi in particolare avevano ed hanno il diritto di sapere».
Bisogna «mettere mano» al reato di epidemia colposa
Il procuratore dice la sua anche sul motivo per cui è stata archiviata l'accusa di "epidemia colposa": «Il Tribunale di Brescia ha stabilito che per il nostro ordinamento questo reato è previsto solo come reato a condotta vincolata, che si realizza solo con la volontaria o colposa diffusione degli agenti patogeni. L'omissione delle misure sanitarie e sociali previste per arginare, se non prevenire, comunque ostacolare il diffondersi di un'epidemia non costituisce un illecito. Se è così, mi preoccupa. La decisione di Brescia sul punto deve fare riflettere il legislatore se mettere mano al reato di epidemia».
Infine, la sua opinione sulla necessità di approfondire quanto avvenuto in quei terribili mesi di inizio 2020 con una Commissione d'inchiesta parlamentare: «Ritengo che valutazione giudiziaria e valutazione politica o scientifica non siano sovrapponibili, ma il materiale raccolto nella nostra inchiesta ritengo possa essere preso in considerazione. Del resto, anche se mi si contesta che non era nostro compito, siamo stati gli unici a ricostruire esattamente cos'è successo e come è stata gestita la prima fase della pandemia, quella che ha cagionato migliaia di morti nel nostro territorio, quando ancora nelle altre parti del Paese il virus non era ancora diffuso».
Il grazie dei familiari delle vittime Covid
In seguito alla pubblicazione dell'intervista, l'associazione dei familiari vittime Covid #Sereniesempreuniti ha diramato un comunicato per ringraziare Chiappani per le sue parole, esprimere solidarietà al procuratore a fronte delle critiche ricevute e sottolineare come la volontà sia quella di continuare a lottare per la verità:
«Non possiamo che essere grati delle dichiarazioni che il procuratore capo di Bergamo Antonio Chiappani. Da sempre la nostra Associazione #Sereniesempreuniti è vicina alla Procura di Bergamo che per tre anni ha condotto un'indagine storica grazie a professionisti competenti con il fine unico di restituire verità e giustizia. Ora le archiviazioni dei diversi Tribunali non devono cancellare gli errori palesi nella gestione della pandemia e non devono far dimenticare le migliaia di morti, i nostri cari.
(...) Chiappani riporta anche l’attenzione alla Commissione parlamentare d’inchiesta, strumento previsto dalla Costituzione e da noi sempre rivendicato come necessario nel ricostruire l’impreparazione dell’Italia di fronte alla pandemia di Covid. Auspichiamo dunque che la nuova Commissione indaghi tutte le responsabilità, al di là delle gravi dichiarazioni del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha di fatto delegittimato uno strumento previsto dalla legge.
Come familiari infine non ci siamo fermati con l'accettazione delle archiviazioni e continuiamo a lottare in sede civile in attesa di sapere se gli indagati per la mancata attuazione del piano pandemico nazionale e del piano pandemico regionale saranno rinviati a giudizio dalla procura di Bergamo».