Cinquanta morti in undici giorni: Nembro, il paese martire del Coronavirus
di Paolo Aresi
«Io non lo so perché Nembro è il paese più colpito, perché sia diventato il paese martire, ho delle idee, ma non le dico. Certo, un po’ tutti, all’inizio, hanno pensato che fosse una situazione di relativa gravità, che si sarebbe risolta in un paio di settimane. Adesso sappiamo che non è così, sappiamo che stiamo vivendo un dramma a lungo termine. Dall’inizio del mese abbiamo avuto cinquanta morti, e sono tutte persone amiche, persone che tutti conoscevamo in paese. Proprio poco fa ho saputo che è morto un amico, il dottor Tullio Carrara, che era una persona di valore, che si era sempre dato da fare nel campo della cultura, anche come volontario, in biblioteca, a scuola, faceva anche corsi di latino. Settimana scorsa è morta la nostra impiegata dell’anagrafe che aveva solo 59 anni, anche lei una persona così in gamba, sarebbe andata in pensione a fine anno. Per ora, non c’è tregua, il virus continua a imperversare».
Claudio Cancelli è il sindaco di Nembro, il paese martire del Coronavirus. Anche se Cancelli non lo dice, pare che l’infezione sia partita da persone che erano state pazienti all’ospedale di Alzano quando ancora l’allarme non era partito. Cancelli stesso è stato attaccato dal Coronavirus, è stato trovato positivo. Ma nel suo caso la malattia si è limitata alla febbre, non ha preso strade gravissime.
Che cosa fa il Comune in questa situazione?
«È un continuo lavoro, per le richieste, per i provvedimenti da prendere, gli aiuti da dare. Anche con gli altri assessori ci coordiniamo, ci troviamo. Gli uffici sono aperti per le cose essenziali e i problemi sono tantissimi, dal dializzato trovato positivo che ha bisogno di andare in ospedale per la cura, ai troppi morti che dobbiamo registrare, ai funerali, al trasporto, alle famiglie sole».
Qualcuno vi aiuta?
«Non siamo soli, anzi. E questo è l’aspetto buono di quello che sta succedendo. Ci sono tante persone che chiamano, che ci chiedono se abbiamo bisogno di qualcosa, se ci serve aiuto. Abbiamo più volontari di quanto ci sia da fare. Una risposta davvero straordinaria, commovente».
Le persone sole?
«Ecco, questo è un punto importante. Abbiamo organizzato il trasporto dei pasti a domicilio, abbiamo il servizio sociale con due numeri telefonici dedicati ai problemi delle famiglie, anche quelle formate da una sola persona. In paese abbiamo avviato anche un’attività per i bambini, fanno disegni e li pubblicano sul web e sui balconi».
Il paese che si riempie di disegni dei bambini.
«Sì, come una mostra sui balconi».
Cinquanta morti in undici giorni sono tantissimi.
«E il fatto è che non puoi nemmeno salutarli, se ne vanno così, nel silenzio. C’è stato il caso del papà che è morto e della moglie e i figli in quarantena. Terribile. Noi cerchiamo di esserci, come Comune, di fare sentire il nostro cordoglio, il nostro affetto. Nemmeno il lutto può essere elaborato, è terribile».