Comunità islamica, braccio di ferro E il Comune non sa più che fare
Entrambe le parti hanno accettato la proposta avanzata dal Comune, ma un accordo difficilmente ci sarà. Ha del paradossale la vicenda che si protrae oramai da inizio anno circa la spaccatura all'interno della comunità islamica bergamasca. A partire dal "pasticciaccio" dei fondi arrivati dal Qatar e investiti da Imad El Joulani per l'acquisto dell'ex concessionaria di via San Fermo, dove avrebbe dovuto sorgere una grande moschea, i rapporti interni alla comunità sono naufragati. Da una parte Mohamed Saleh e il Centro culturale di via Cenisio di cui è presidente, dall'altro il neonato Comitato musulmani di Bergamo, che si oppone alla presidenza di Saleh. Quest'ultimo, facendo causa a El Joulani ed ergendosi a unico vero intermediario tra Comune e comunità islamica orobica, s'è fatto più di un avversario. Risultato: dopo le tensioni tra gennaio e febbraio, la decisione di chiudere "per lavori" il centro di preghiera di via Cenisio, costringendo così tanti islamici a pregare per strada come segno di protesta. Una situazione diventata insostenibile per i residenti e per il Comune, che ha così provato a mediare tra le due parti imponendo un ultimatum che prevedeva la riappacificazione delle due fazioni e la riapertura entro il 26 aprile del Centro di via Cenisio.
[Il Comitato musulmani Bergamo contro Saleh]
Le richieste del Comitato musulmani. L'ultimatum è scaduto lunedì 25 aprile e, formalmente, sia il Comitato musulmani che il Centro di via Cenisio hanno detto sì alle richieste del Comune. Peccato che entrambe le parti abbiano però anche rilanciato con controproposte che, nei fatti, sono inconciliabili tra loro. Il Comitato, ad esempio, chiede che «siano indette elezioni democratiche, su supervisione del Comune, per l’elezione di un unico rappresentante scelto da tutti i fedeli» (in altre parole che Saleh si dimetta e lasci il posto a qualcun altro). Richiesta portata avanti da tempo e ribadita anche sabato 23 aprile durante la manifestazione organizzata in piazzale Alpini. Il Comitato chiede inoltre che il Centro di via Cenisio venga aperto a tutti i fedeli senza esclusione e chiede al Comune di avere un luogo alternativo a quello in cui pregare, sempre nelle vicinanze della moschea. Tra le novità introdotte per il centro stilate da Saleh prima della chiusura, infatti, c'era anche la creazione di una sorta di "black list" di nomi di fedeli la cui presenza in via Cenisio non sarebbe ben accetta. Una posizione intollerabile per il Comitato musulmano.
La posizione di Saleh. Dal canto suo, Saleh si impegna a riaprire il Centro culturale e la moschea nei prossimi giorni, a patto che i fedeli contro di lui la smettano di invadere la strada negli orari di preghiera. Ma soprattutto a patto che venga rispettato il regolamento interno del luogo di preghiera da lui redatto nelle scorse settimane, con tanto della sopracitata "black list" e di tessera nominativa per l'ingresso. L'unica apertura in tal senso data da Saleh è che l’elenco delle persone non gradite (e di fatto espulse dal Centro) potrebbe essere anche ridiscusso, ma non eliminato.
[Mohamed Saleh]
La rassegnazione del Comune. Quasi rassegnato, nelle dichiarazioni rilasciate al Corriere della Sera Bergamo, l’assessore all'innovazione, semplificazione, servizi demografici, sportello polifunzionale, servizi cimiteriali e tempi urbani Giacomo Angeloni: «Tutti devono rassegnarsi a capire che ci sono due comunità islamiche. Il Comune l’ha capito da tempo. E queste risposte sono un’ulteriore prova. Ora dobbiamo evitare ulteriori disagi ai residenti della zona di via Cenisio. Alla nostra proposta abbiamo ricevuto controproposte, non risposte: la divisione della comunità è irrisolvibile. Se il Comitato vuole una sala, può venire in Comune a chiederla: gliela daremo, non gratis. Valuteremo le richieste che ci sono arrivate, nella speranza di riuscire comunque a fare i tre venerdì di prova. Sulle elezioni chieste dal Comitato, il Comune non può fare nulla: è un fatto privato che dev’essere risolto come tale». Insomma, il braccio di ferro è ancora in corso.