Il comitato "Noi Denunceremo"

Le foto e le parole del "denuncia day": «Contiamo 16mila morti. Le istituzioni si assumano la responsabilità»

I rappresentanti e i parenti delle vittime hanno presentato ai magistrati in Procura i primi cinquanta esposti. Chiesto un incontro con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Le foto e le parole del "denuncia day": «Contiamo 16mila morti. Le istituzioni si assumano la responsabilità»
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di Federico Rota

Verità e giustizia. Non chiedono altro le persone che hanno dovuto piangere uno o più cari a causa del Coronavirus, riunite fin dalle prime ore del mattino di oggi (10 giugno) davanti alla Procura della Repubblica di Bergamo in piazza Dante.

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Questa mattina i rappresentanti del comitato “Noi denunceremo – Verità e Giustizia per le vittime di Covid-19” (costituitosi a partire dall’omonimo gruppo nato su Facebook, che conta circa 55 mila iscritti) e i parenti delle vittime hanno consegnato ai magistrati bergamaschi le prime 50 delle oltre 200 denunce raccolte attraverso le testimonianze di chi è stato colpito dal virus. «Non siamo giustizialisti, ma pretendiamo che vengano appurate le responsabilità da parte dei vertici decisionali per la mancata gestione dell’epidemia - sottolinea Luca Fusco, presidente del comitato -. Gli ospedali sono collassati: il fatto di aver trovato ogni giorno nuovi posti di terapia intensiva non credo sia una medaglia, ma un demerito, perché vuol dire che il sistema ne era carente. La scienza deve contare 16mila morti e la Regione e le Istituzioni devono fare una assunzione di responsabilità».

Le denunce riguardano, in particolare, la mancata informazione dei pazienti e dei parenti rispetto ai rischi legati all’infezione, ma anche la carenza di dispositivi di protezione individuale per il personale sanitario, le carenze di una gestione efficace e tempestiva dei pazienti Covid a domicilio sul territorio, e la mancata istituzione di una zona rossa in Val Seriana e la chiusura e riapertura del pronto soccorso dell’ospedale di Alzano Lombardo. «La prima responsabilità politica è stata non aver chiuso Nembro e Alzano a inizio marzo - evidenzia Fusco -. Se si fosse istituita la zona rossa credo che forse si sarebbe potuto evitare il lockdown dell’Italia intera e i conseguenti problemi sociali ed economici».

«Oggi gran parte di queste vittime potrebbero essere ancora tra noi - commenta Cristina Longhini, che ha perso il padre Claudio, 65 anni, il 19 marzo -. Tutto questo poteva essere evitato ma si è deciso che non ci si poteva fermare. Da operatrice sanitaria spero che la Regione tiri i remi in barca e si accorga di quanto è avvenuto. Siamo crollati davanti all’emergenza e riconoscere eventuali errori può servire a far sì che tutto questo non si verifichi nuovamente. Spero che si arrivi a rivedere il sistema investendo anche nel pubblico, non soltanto nel provato; è necessario revisionare i contratti dei farmacisti, fare in modo che ci sia il numero adeguato di dispositivi di protezione. Sono morti anche 15 farmacisti, per non parlare della pressione cui sono stati sottoposti medici, infermieri e personale sanitario. Non dovevamo essere messi in questa situazione».

Tra gli esposti presentati in procura, sono presenti anche denunce di familiari delle vittime provenienti dall’Emilia Romagna. «Sarà la procura, attraverso le indagini, a identificare le ipotesi di reato - spiega Consuelo Locati, avvocato alla guida del pool di legali del comitato -. Le denunce sono contro ignoti. Potrebbero essere fatte confluire nell’ambito delle inchieste già in corso. Non puntiamo il dito contro i medici o il personale sanitario, anzi, li riteniamo le prime vittime di un sistema che non ha fornito loro le adeguate tutele. Noi accusiamo la mala gestione della sanità lombarda e della pandemia in generale».

Il prossimo 28 giugno il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sarà a Bergamo in occasione della Messa da Requiem di Gaetano Donizetti in ricordo delle persone che sono morte dopo aver contratto il Coronavirus. La speranza del comitato è di poter incontrare il Capo dello Stato. «Ci sentiamo abbandonati dallo Stato e dalle istituzioni - conclude Laura Capella, che ha perso il padre Mario lo scorso 30 marzo -. Abbiamo il diritto di essere ricevuti da Mattarella. Certamente, abbiamo più diritto noi a partecipare alla commemorazione al cimitero monumentale rispetto ad alcuni politici».

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