«Una scoperta eccezionale»

Ecco il “Codice di San Luca” l’alfabeto segreto della ‘Ndrangheta

Ecco il “Codice di San Luca” l’alfabeto segreto della ‘Ndrangheta
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Martedì 20 gennaio un nuovo duro colpo è stato assestato alla ‘Ndrangheta. La Guardia di Finanza e la squadra mobile di Roma hanno infatti compiuto un’operazione che ha portato all’arresto di 31 persone e al sequestro di 600 chili di cocaina e hashish e diverse armi da fuoco. La Direzione distrettuale antimafia (Dda) contesta ai soggetti finiti in manette diversi reati: estorsione, svariati ferimenti con armi da fuoco e, soprattutto, l’omicidio di Vincenzo Femia, affiliato ucciso a Roma il 24 gennaio 2013 per essersi rifiutato di costituire una cellula dell’organizzazione nella Capitale. Ma l’aspetto più rilevante dell’operazione è il ritrovamento di un documento incredibile e inaspettato: un quaderno su cui è presente il leggendario “Codice di San Luca”, ovvero il codice cifrato usato dalle ‘ndrine per ricordare i riti d’iniziazione e di affiliazione, oltre che per comunicare in segreto. «Una scoperta eccezionale» commentano gli investigatori, soprattutto perché «la sua esistenza era sospesa tra verità e leggenda».

I messaggi cifrati. Con un attento lavoro di indagine, iniziato già negli anni passati grazie ad altri documenti cifrati, è stato così possibile decriptare il misterioso “Codice di San Luca”, così soprannominato perché nato e usato dalla ‘ndrina dell’omonimo paese della Calabria. Un alfabeto criptato, comprensibile solo agli affiliati. Gli “archeologi” del crimine non hanno esitato a soprannominare quel quaderno la Stele di Rosetta della criminalità organizzata ‘ndranghetista. Il prezioso documento è stato ritrovato nell'appartamento del collaboratore di giustizia Gianni Cretarola. Nel corso della perquisizione eseguita nella sua abitazione di via Palmiro Togliatti è stato trovato il suddetto quaderno rosso a righe, contenente il prezioso codice che rivela, in maniera dettagliata, le fasi di affiliazioni all’organizzazione e le acquisizioni dei gradi con tanto di rituale, formule e simboli utilizzati.

Si può entrare a far parte di una ‘ndrina in due modi: o per nascita, modalità riservata a chi appartiene già a una famiglia mafiosa nota, oppure per battesimo, attraverso un preciso rito di affiliazione, che vincola, proprio come il battesimo religioso, il soggetto all’organizzazione «fino alla morte». Il rituale ricorda profondamente le cerimonie esoteriche, con continui richiami religiosi e giuramenti su Gesù Cristo. Un passo avanti nella comprensione del funzionamento più segreto delle organizzazioni mafiose era già stato fatto a novembre, quando un’operazione di polizia dei Ros di Milano aveva svelato il “Rito della Santa”, cioè il rito d’ingresso alle più alte cariche della ‘Ndrangheta. Ma il ritrovamento del “Codice di San Luca” potrebbe permettere di svelare i messaggi in codice usati dagli affiliati e permettere, così, di portare a termine nuove importanti operazioni.

Le parole del rito d’iniziazione

 

codice

 

«Una bella mattina di sabato Santo allo spuntare e non spuntare del sole passeggiando sulla riva del mare vitti una barca dove stavano tre vecchi marinai che mi domandarono cosa stavo cercando. Io gli risposi sangue e onore. Mi dissero di seguirli che l'avrei trovato. Navigammo tre giorni e tre notti fino ad arrivare nel ventre dell' isola della Favignana. Lì sulla mia destra vitti un castello dove c'erano due leoni incatenati a una catena di ventiquattro maglie e con me una venticinque dopo mi accorsi che c'era una scala di marmo fino finissimo di ventiquattro gradini e con me una venticinque in cima a questa scala sulla mia destra trovai tre stanze entrai nella prima e vi trovai un vecchio con la barba: era San Michele Arcangelo. Entrai nella seconda stanza e vi trovai una donna vestita tutta di nero: era nostra Santa Sorella Elisabetta. Entrai nella terza stanza e vi trovai una cassa di noce fina finissima l’ho aperta e vi trovai un pugnale e lì ho giurato eterna fedeltà alla onorata società».

 

 

L’operazione. Il blitz delle forze dell’ordine ha portato a diverse perquisizioni in più città d’Italia. Le indagini hanno interessato anche la cooperativa Edera, riconducibile a Salvatore Buzzi, “il rosso” dell’indagine Mafia Capitale che ha sconvolto Roma il dicembre scorso. I vertici della ‘ndrina in questione vivevano tutti a Roma e lì avevano una fitta rete di conoscenze che assicuravano anonimato, traffici sicuri e copertura per i latitanti calabresi in fuga. Il gruppo aveva però anche basi logistiche in altre città, quali Genova, Torino e Milano. Oltre alle accuse di estorsione, omicidio e tentato omicidio, pendono sulle teste degli arrestati anche le accuse di associazione a delinquere, traffico internazionale di droga, ricettazione, porto e detenzione abusiva di armi. Michele Prestipino, capo della Dda romana, ha escluso al momento una presenza importante della ‘Ndrangheta nella Capitale, come invece è stato dimostrato in alcune città del Nord, ma ha ammesso che è un punto strategico fondamentale per le operazioni dell’organizzazione, che sta conquistando, col passare del tempo, sempre più potere.

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