Nuove indagini

I familiari dei pazienti ricoverati ad Alzano nei giorni neri convocati dalla Guardia di Finanza

Quella delle Fiamme Gialle è un'operazione parallela e ulteriore rispetto a quella della Procura

I familiari dei pazienti ricoverati ad Alzano nei giorni neri convocati dalla Guardia di Finanza
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A cosa hanno assistito i parenti dei pazienti ricoverati all’ospedale Pesenti Fenaroli nei giorni immediatamente precedenti il 23 febbraio, il giorno zero dell’epidemia nella Bergamasca? Quale era l’atmosfera che aleggiava all’interno della struttura sanitaria ad Alzano Lombardo prima che venisse accertato il primo paziente Covid positivo?

Sono alcune delle domande cui cercheranno di dare una risposta gli uomini della Guardia di Finanza che nei giorni scorsi, come riportato da Corriere Bergamo, hanno convocato i familiari del malati ricoverati per capire cosa accadde tra le 14 e le 17.30 del 23 febbraio, quando il pronto soccorso dell’ospedale fu chiuso e poi riaperto dalla Regione con un sms in una situazione di confusione generale. Ad esempio: erano disponibili e venivano utilizzati dal personale i dispositivi di protezione individuale?

Parallela all’inchiesta condotta dal pool di magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Maria Cristina Rota c’è infatti l’attività di indagine portata avanti dai militari, al lavoro per capire se tra i medici e gli infermieri ci fosse già il timore (ben prima che venisse certificato il primo paziente positivo all’infezione) che il coronavirus circolasse tra i pazienti dell’ospedale di Alzano. Un sospetto che pare emergere sia dall’aumento di polmoniti anomale registrate all’inizio dell’anno, sia dalle testimonianze degli operatori sanitari che avrebbero ipotizzato che l’aumento dei ricoveri per polmoniti gravi era imputabile al Covid, sebbene non ce ne fosse ancora la certezza. Tra questi vi è anche il giovane medico palestinese Nadeem Abu Siam, che al Corriere della Sera aveva raccontato di aver sentito il 15 febbraio un collega parlare di Sars-Cov-2 riferendosi alla lastra dell’uomo che sarebbe stato la prima vittima bergamasca dell’epidemia. Ma si è trattato di timori isolati o condivisi da più professionisti? E, nel caso, la direzione ne era a conoscenza?

Sono tutti elementi che gli investigatori stanno provando a mettere in fila trovare una risposta ai tanti quesiti che sono emersi nell’ambito dell’inchiesta per la quale è stata formulata l’ipotesi di reato di epidemia colposa.

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