I legali delle vittime Covid chiedono di incontrare Draghi, il Comune stoppa. La reazione: «Inaccettabile provocazione»
Il premier sarà a Bergamo per onorare i tanti morti a causa del virus. Dopo il mancato invito in occasione della visita di Mattarella l'anno scorso, «non invitarci significherebbe mancare, un'altra volta, di rispetto»
Giovedì 18 marzo il Presidente del Consiglio Mario Draghi, in occasione della prima giornata dedicata alle vittime del Covid, sarà a Bergamo. Una visita istituzionale per dimostrare che lo Stato è vicino al territorio che più di ogni altro in Italia è stato colpito dal Covid, sulla scia della vicinanza dimostrata dalla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella al Requiem suonato davanti al cimitero Monumentale.
Visita certamente di tutt’altro tenore rispetto a quella dell’ex premier Giuseppe Conte, che ad aprile dello scorso anno arrivò a tarda notte in Prefettura e rispose alle domande dei cronisti, concedendosi però solo per una manciata di minuti.
La notizia del viaggio di Mario Draghi a Bergamo è corsa veloce, tanto che il gruppo di legali di circa 500 familiari delle vittime ha chiesto al nuovo Presidente del Consiglio un incontro «perché ci aspettiamo che il nuovo Governo si metta a disposizione per una legge di indennizzo in favore di tutti i familiari delle vittime, che grazie alla protratta noncuranza e negligenza di burocrazia e politica sono stati resi orfani o vedovi e vedove e che, in molte circostanze, anche madri che si ritrovano a dover crescere dei figli senza l'unica fonte di reddito che sosteneva il loro impegno».
La richiesta è però stata stoppata da Palazzo Frizzoni, che ritiene sia ancora presto per ipotizzare una rappresentanza alla cerimonia del 18 marzo. Comportamento che ha mandato su tutte le furie gli avvocati: «È uno schiaffo in faccia ai familiari delle vittime di una strage», sottolinea Consuelo Locati, responsabile del team legale dell’azione civile dei famigliari delle vittime.
Gli stessi avvocati, il 22 febbraio scorso, avevano indirizzato una lettera alla Presidenza del Consiglio chiedendo che tra gli impegni istituzionali, Mario Draghi prevedesse anche una tappa a Bergamo. «Il concetto si sarebbe potuto esprimere in mille modi diversi ma, così espresso, suona come l’ennesima puerile provocazione di un Comune che ha sempre inviso l’attività di denuncia dei familiari delle vittime – sottolineano -, tanto da non essersene mai interessato e per la quale non ha mai speso pubblicamente una parola di sostegno».
«Sembra di rivedere un film già visto nei toni e nei modi – aggiungono gli avvocati -. Quello del concerto al cimitero Monumentale di Bergamo alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lo scorso giugno, che vide l’invito in extremis del presidente del comitato Noi Denunceremo, Luca Fusco, e rispetto al quale ci risulta lo stesso sindaco di Bergamo Giorgio Gori non ha ancora chiarito i rapporti pubblicamente. In qualità di legali, a cui cinquecento familiari delle vittime di coronavirus hanno conferito mandato, riteniamo inaccettabile quanto inopportuna questa evidente reiterata provocazione, che potrebbe addirittura essere intesa come se il sindaco di Bergamo avesse sempre percepito le denunce dei familiari come un intralcio alla sua attività».
Secondo il team di avvocati fu proprio Gori «a spendersi, forse anche più di molti altri, contro le chiusure delle attività nei territori bergamaschi già focolai nella prima ondata pandemica. Addirittura anche quando in Val Seriana c’era l’esercito pronto a chiudere. Ad oggi c’è tutto il tempo per attrezzarsi con quarantene e tamponi per poter sostenere un incontro il 18 marzo in totale sicurezza».
«Non invitare i legali dei familiari delle vittime il prossimo 18 marzo significherebbe mancare loro, un'altra volta, di rispetto – concludono - e trasformare, ancora una volta, questa visita, che mai prima è stata fatta dal precedente Presidente del Consiglio, in una parata politica, in spregio all'onore di coloro in memoria dei quali proprio la giornata del 18 marzo è stata istituita e di tutti quei familiari, che ci hanno conferito il mandato, anche morale, di accertare la verità dei fatti e rendere loro giustizia. Un mandato per il quale, a differenza di altri, non abbiamo mai accettato compromessi di alcun tipo collaborando indefessamente con la Procura di Bergamo».