Il dottor Marinoni: «Serve un lockdown nazionale. Bisogna usare la polizia sanitaria»
Il presidente dell'Ordine dei medici di Bergamo si allinea alle idee del suo presidente nazionale e dice che zone rosse, arancioni e gialle servono a poco. «Non ha senso chiudere Milano e lasciare aperta Bergamo, sono troppi gli “scambi” tra le due aree»

Sin dall’entrata in vigore, il 6 novembre, di questo nuovo lockdown regionale, si è aperto il dibattito sulla correttezza o meno di vedere un territorio come la Bergamasca, decisamente meno colpita (al momento) rispetto ad altre province lombarde dal virus, posta allo stesso livello di “chiusura”, con evidenti danni collaterali enormi per molti settori dell’economia, soprattutto il terziario. Lo stesso sindaco Giorgio Gori, seppur molto cauto sulla questione, ha chiesto di poter avere accesso ai dati per capire se, effettivamente, Bergamo non potrebbe richiedere un trattamento più leggero, magari da zona arancione invece che da zona rossa.
«Sarò sincero: parlare di un lockdown a macchia di leopardo, a pezzi, non ha senso», commenta Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo. Che, quindi, si allinea a quanto affermato dai vertici nazionali del suo Ordine nei giorni scorsi, ovvero che l’unica soluzione per evitare che la situazione peggiori ulteriormente è il lockdown nazionale di circa un mese. «Non è allarmismo, ma semplice presa di coscienza di ciò che stiamo vivendo - spiega Marinoni -. A Milano, Monza, Varese e da molte altri parti il sistema di tracciamento è ormai saltato. E quando questo succede, l’unica soluzione è chiudersi in casa».
Bergamo, però, non è in quella situazione. «È vero, per ora stiamo un po’ meglio e il tracciamento, seppur a fatica, ancora regge. Ma non illudiamoci: è impossibile non avere contatti di alcun tipo con le province più colpite. Non ha senso chiudere Milano e lasciare aperta Bergamo, sono troppi gli “scambi” tra le due aree».