Paradossi, contratti scaduti e attese

Infermieri e medici, grazie mille eroi! Ma per ora neanche un euro. Però a giugno...

La Regione ha annunciato che a giugno arriverà un riconoscimento tangibile. Speriamo, ma delle decine di milioni di donazioni che sono arrivate, qualcosa è andato a questi eroi? Nulla. Parole

Infermieri e medici, grazie mille eroi! Ma per ora neanche un euro. Però a giugno...
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di Paolo Aresi

La Regione ha annunciato venerdì 22 maggio che nel mese di giugno arriverà un riconoscimento tangibile a medici e infermieri che hanno lavorato nella trincea del Coronavirus giorno e notte per due mesi. Speriamo bene. Ma delle decine di milioni di donazioni che sono arrivate nelle casse degli ospedali, della protezione civile, dell’Ats, delle cliniche... qualcosa è andato a questi eroi? Nulla. Parole.

L’ospedale Papa Giovanni di Bergamo ha ricevuto direttamente circa 20 milioni di euro di donazioni. Per ora, pare che tutto sia andato nella struttura e nelle cose, nelle macchine. Ma c’è ancora tempo per rimediare, per dire: «Il dieci per cento di tutte queste offerte lo destino alle persone. Magari sono soltanto mille euro per ciascuno, che non gli cambierà la vita, ma è un segno, è un grazie». C’è ancora tempo per farlo. E speriamo venga fatto. Intanto sentiamo un po’ qual è la situazione.

Il bellissimo quadro di Chiara Bigatti dedicato a medici e infermieri

In una clinica privata di Bergamo al personale infermieristico è stato riconosciuto un “bonus” di cento euro. Ma non tutti lo hanno ricevuto. «Io - spiega un’infermiera - sono stata come tutti in prima linea con i malati Covid, fino a quando mi sono ammalata. Non è stata una passeggiata, sono stata male, ma è andata bene. A me sono arrivati soltanto 57 euro di bonus perché mi sono stati detratti i giorni di malattia. Ho perso 43 euro».

E gli infermieri non prendono neppure gli straordinari, fatti a bizzeffe in marzo e aprile. «Nella nostra clinica - spiega un’infermiera - le ore di straordinario finiscono in un monte-ore e poi possiamo utilizzarle per fare dei giorni di ferie in più. Il fatto è che il contratto è così, ed è scaduto da tredici anni, ma non è mai stato rinnovato. Io come infermiera professionale, iscritta all'albo degli infermieri, laureata, prendo mille e cinquecento euro al mese, notti e festivi compresi. Dopo oltre vent'anni di lavoro. Non solo non avremo gratificazioni per il Covid, ma il rischio è di finire in cassa integrazione a causa dei mancati introiti della clinica, per tutti i ricoveri a pagamento che sono saltati, per gli interventi chirurgici che non sono stati eseguiti...».

Gli infermieri, ma anche i medici ospedalieri, sono sottopagati. Ma viviamo in una società dove queste situazioni sono del tutto normali, dove di fatto si limita la prospettiva di esistenza di una classe media, per dirigere le ricchezze verso un ristretto gruppo di eletti. Ma è un discorso che porterebbe altrove. Limitiamoci ai nostri eroi.

Dice un’infermiera di Alzano Lombardo: «Io non voglio soldi, se me li danno non li rifiuto, ma non sono cinquecento euro che mi cambiano la vita. Quello che ho fatto l’ho fatto perché era mio dovere, perché se non c’eravamo noi medici e infermieri a spaccarci le ossa, che cosa sarebbe successo ai nostri malati? Anche di quelli che poi sono morti qui, davanti a noi, tanti, troppi in questi due mesi di Covid? Il personale dell’ospedale di Alzano ha lavorato come più non si poteva, quattordici ore al giorno, sei, sette giorni alla settimana. Quasi tutti, con pochissime eccezioni. Mi basterebbe la gratitudine e che la smettessero certi giornali di prendersela con il nostro ospedale. Qualcuno, a livello molto alto, ha commesso degli errori all'inizio di tutto questo, e se ha sbagliato dovrà pagare. Ma sul resto non ci sto: c’è chi attacca il nostro ospedale, ma è ingiusto. Io lo so che cosa abbiamo fatto per tutte queste persone, nessuno è stato lasciato su una barella in corsia da solo, a tutti abbiamo dato un letto, una cura, un tentativo almeno».

Da Alzano torniamo a Bergamo, incontriamo un infermiere della prima linea del Papa Giovanni. «No, io non ho visto nulla, anzi, direi che in questi tre mesi ho pure perso dei guadagni perché ogni mese noi facciamo dei turni extra che vengono pagati con delle cifre aggiuntive, ma in questo periodo non abbiamo potuto svolgerli, ovviamente. Quello che era stato promesso dalla Regione e dal Governo io non l’ho visto. Si era parlato di una gratifica di mille euro, ma non mi risulta che ci sia niente di concreto. Il nostro ospedale so che ha incassato circa venti milioni di euro di donazioni, ma a noi del personale non è arrivato un euro. Gli straordinari? No, non ci vengono pagati».

Al Papa Giovanni le ore in più maturate dal personale vanno a finire in un monte ore, come nella clinica privata precedente, a norma di contratto (sempre scaduto tredici anni fa). «Il fatto è - continua l’infermiere - che è impossibile recuperarle, nel senso che - con i normali carichi di lavoro - non riusciamo a smaltire più ferie di quelle che abbiamo. Riescono le donne, soprattutto in caso di maternità che può venire in questo modo allungata. Io avrò quattrocento ore da smaltire, ma ci sono colleghi con un migliaio... ce le portiamo fino alla pensione e magari restiamo a casa tre mesi prima della fine del rapporto di lavoro. In questi due mesi avrò fatto cinquanta ore di straordinario, ma non sarà retribuito. Adesso si parla di fare un’indennità da malattia infettiva, cosa che non abbiamo».

Ma anche qui ci sono problemi, di ordine burocratico, con la direzione dell’ospedale. Dice l’infermiere: «Ci è stato detto che siccome abbiamo già una “indennità di area critica” per chi lavora al pronto soccorso o in emergenza o in sala operatoria, terapia intensiva, allora non si possono cumulare due indennità per ragioni... contrattuali. Si tratta comunque di cifre di circa 50-60 euro al mese...».

Ma l’ufficio legale dell’ospedale che cavilla sull’incompatibilità di due indennità, non ha cavillato quando gli infermieri durante l’emergenza Covid facevano di tutto e di più andando ben oltre le loro competenze, fino a constatare il decesso dei pazienti al posto dei medici, i quali non potevano arrivare dappertutto. «So che in Emilia Romagna - continua l’infermiere - la Regione ha riconosciuto mille euro agli infermieri e ai medici, non ti cambiano la vita, ma è un modo concreto per dire grazie. So che anche a Zingonia e a Ponte San Pietro l’azienda ha riconosciuto un premio agli operatori. Ma, al di là dei premi, il problema vero è il nostro contratto per cui un infermiere medio prende 1.500 euro al mese mentre la media europea è sui 2.200-2.300».
Una situazione inaccettabile.

Un’ultima nota. Dice un’infermiera del Papa Giovanni: «Nei momenti più critici, cercavo di bere il meno possibile. Perché se bevevo poi dovevo fare pipì e, bardati come eravamo, questo significava sottrarre tempo prezioso al lavoro. Così non bevevo e non facevo pipì».

Adesso però ci sono le dichiarazioni del governatore Fontana che lasciano ben sperare: «Dal prossimo mese - ha detto - medici, infermieri e operatori sanitari riceveranno in busta paga gli incentivi e il bonus per lo straordinario lavoro compiuto durante l'emergenza Covid. I fondi lombardi erano già stati stanziati con il pacchetto rilancio, per poterli erogare era necessaria una legge nazionale, che finalmente è arrivata». «Sara' un riconoscimento concreto - prosegue il governatore - per i professionisti che hanno combattuto il coronavirus in prima linea, prendendosi cura delle persone malate con competenza, passione e straordinaria umanità. Regione Lombardia ha messo a disposizione 223 milioni: 100 milioni sono le tradizionali RAR (la quota annuale delle risorse aggiuntive regionali; 123 milioni (41 nazionali e 82 messe a disposizione da Regione Lombardia) gli incentivi bonus straordinari».

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