La testimonianza dell'operatrice abusata da un migrante: «Si facevano multe, al posto di cacciarli»
Il racconto a processo nell'ambito della maxi indagine, che ha coinvolto la coop Rinnovamento, ne spiega i meccanismi distorti
La maxi indagine, che dal centro per migranti di Fontanella (alla Cascina Fenatica, ora chiusa), gestito dalla cooperativa Rinnovamento, fece scatenare una bufera sull'accoglienza in Bergamasca i generale, iniziò con l'episodio di violenza subita da un'operatrice, allora 26enne. Era il 20 settembre 2017 e ora, a febbraio 2024, la giovane è stata chiamata testimoniare a processo.
Come spiega il Corriere Bergamo, questa è solo la coda della maxi inchiesta dei carabinieri terminata per i nomi principali con patteggiamenti e messe alla prova. Gli ultimi sette imputati, invece, hanno scelto il dibattimento. A vario titolo sono accusati di truffa, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, inadempimento dei contratti.
Le strategie per "guadagnarci"
Dalle parole della giovane è emersa la presenza del meccanismo che contestato dalla pm Emma Vittorio, ovvero il fatto che la cooperativa mettesse in atto delle strategie per "guadagnare" dai migranti. Per esempio, per non perdere la quota giornaliera ricevuta ogni giorno per ciascun migrante dalla prefettura (35 euro a persona), le uscite di alcuni ospiti vennero comunicate in un secondo momento, e, per i rimborsi, vennero rendicontate spese gonfiate per 1.259.489 euro. Nello specifico, il caso di violenza, secondo quanto raccontato dalla giovane avvenne «per il pocket money», termine con il quale si indica la sorta di diaria data direttamente ai rifugiati e richiedenti asilo ospitati nelle strutture di accoglienza, per le piccole spese quotidiane.
La multa sulla "paghetta"
La ragazza ha infatti raccontato che ai migranti che non stavano alle regole veniva decurtato parte di questo pocket money: «Se tornavano ubriachi o provocavano risse, si faceva una multa al pocket money, che veniva tolto, invece da regolamento dovevano essere mandati via. Solo che così la situazione era insicura per noi e per gli altri ospiti. Anche nel mio caso, era tornato completamente ubriaco, ma non si poteva mandare via, a chi sgarrava si dava una seconda possibilità». Così insicura che, quel 20 settembre 2020, un migrante si rivolse all'operatrice ubriaco e con un coltello in mano, arrivando ad abusarne.
Ora, il processo approfondirà le posizioni dei sette imputati.