Quale futuro per la piattaforma?

L'incredibile dietrofront di Vivendi (tempesta su Mediaset Premium)

L'incredibile dietrofront di Vivendi (tempesta su Mediaset Premium)
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Prima le voci, poi le conferme, infine l'accordo. Ma ora, inatteso, anche il passo indietro. La "storia d'amore" tra Mediaset e il colosso delle comunicazioni transalpino Vivendi, ufficialmente coronatasi nell'aprile scorso con un contratto tra le parti, sembra già essere ai titoli di coda. O quantomeno in una crisi di non facile soluzione. La società francese che fa capo all’imprenditore Vincent Bolloré, già socio più importante di Telecom, s'era infatti impegnata a rilevare il 100% di Mediaset Premium, la piattaforma pay del Biscione, ma oggi le cose sono cambiate. Mediaset, attraverso un comunicato stampa diffuso il 26 luglio, ha reso noto che Vivendi intende «acquistare soltanto il 20% del capitale di Mediaset Premium e arrivare a detenere in tre anni circa il 15% del capitale di Mediaset attraverso un prestito obbligazionario convertibile». Così facendo, secondo la società che fa capo a Berlusconi, la società transalpina «elude un riscontro puntuale ad un'intimazione rivoltale da Mediaset ad adempiere ai propri obblighi contrattuali, finora inadempiuti». In altre parole non rispetterebbe i patti, o meglio, il contratto sottoscritto ad aprile.

 

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La rabbia di Mediaset. La notizia è una vera e propria doccia fredda per Mediaset e tutti i suoi azionisti. L'accordo con Vivendi, infatti, risolveva un problema diventato oramai cronico nei bilanci della società, ovvero il rosso di Premium, piattaforma mai davvero decollata nonostante gli enormi investimenti effettuati negli ultimi anni. In Borsa, il titolo del Biscione ha perso addirittura il 14%, e ciò nonostante sia stato sospeso per alcuni minuti dalle contrattazioni. Non stupisce dunque che i toni usati nel comunicato non siano certo delicati, sia nei confronti di Bollorè («Ieri, 25 luglio, l'amministratore delegato di Vivendi ha verbalmente comunicato che Vivendi non intende comunque onorare il contratto stipulato») che nei confronti di una decisione che rappresenta per Mediaset «una novità assoluta e non concordata, una palese contraddizione con gli impegni assunti da Vivendi mediante il contratto firmato l'8 aprile scorso». Il Cda di Cologno Monzese è stato convocato per il 28 luglio e, in quell'occasione, prenderà «ufficialmente posizione su detta proposta e sulla gravissima comunicazione». Mediaset aggiunge che è «fermamente determinata a far valere ogni proprio diritto in ogni sede».

La controproposta francese e i motivi. Vivendi, però, non si sarebbe tirata indietro totalmente. Sempre nel comunicato stampa diffuso il 26 luglio, Mediaset spiega di aver ricevuto da parte della società francese una sorta di controproposta. Di fatto una revisione dell'operazione che era stata concordata da ambo le parti in aprile: si conferma lo scambio del 3,5% del capitale di Vivendi e del 3,5% del capitale di Mediaset, ma i transalpini sarebbero disponibili ad acquistare soltanto il 20% del capitale di Mediaset Premium e di arrivare a detenere, nel giro di tre anni, circa il 15% del capitale di Mediaset attraverso un prestito obbligazionario convertibile. Non proprio la stessa cosa rispetto al 100% di Premium e una buona quota di Mediaset. Vivendi ha poi spiegato il perché di questo dietrofront, sebbene soltanto a grandi linee, con una nota di risposta al comunicato partito da Cologno Monzese, nella quale si legge che «il ceo, Arnaud de Puyfontaine, in una lettera datata 21 giugno ha informato Mediaset circa differenze significative nella analisi dei risultati di Mediaset Premium, per i quali le due società sono attualmente in trattative». Tradotto: la situazione in cui versa Premium si è rivelata diversa (si può supporre in negativo) rispetto a quella che era stata inizialmente dipinta.

 

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Le difficoltà di Premium. Del resto che la branca pay del colosso della comunicazione di Cologno Monzese fosse alla disperata ricerca di un salvatore era cosa nota. La goccia che ha fatto traboccare il vaso dei conti è stato l’eccessivo esborso compiuto nel 2014 per assicurarsi l’esclusiva della Champions League per tre anni. Più di 700 milioni di euro che avrebbero dovuto essere il traino per l’arrivo di centinaia di migliaia di nuovi abbonati e un duro colpo per Sky, ma che si è invece rivelato un pesante autogol. Se infatti i numeri degli abbonati sono cresciuti (sebbene con stime lineari e senza sperati boom), Sky si conferma la pay tv preferita dagli italiani, forte non soltanto di un’offerta calcistica e sportiva varia e ricca (dagli Europei appena conclusi ai campionati del mondo di Moto GP e Formula 1), ma anche di contenuti esclusivi di grande impatto mediatico, come X Factor, Masterchef e le migliori serie tv americane. Per questo, sin dall’estate 2014, Mediaset e Sky si erano sedute attorno a un tavolo nella speranza, soprattutto della prima, di trovare un accordo. Accordo che però non è mai arrivato, con il gruppo di Rupert Murdoch che s’è di fatto rifiutato di dare una mano a quei rivali che, solo pochi mesi prima, avevano acceso una battaglia senza esclusione di colpi con l’obbiettivo di abbattere il dominio di Sky nella tv a pagamento. Sebbene Pier Silvio Berlusconi (vicepresidente ma, di fatto, l'uomo a cui il Cavaliere ha dato totalmente in mano Premium) continuasse a smentire, Mediaset era alla ricerca di un compratore, che a marzo ha assunto le sembianze dell'amico (così lo ha definito Berlusconi junior) Bollorè.

 

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Le incognite sul futuro. Quale dunque il destino di Premium? Difficile prevederlo oggi. Nel bilancio di gruppo 2015 presentato il 22 marzo, i dati relativi alla pay tv erano decisamente scarsi. Più che altro c'erano previsioni e valutazioni, che però non offrivano un quadro generale così chiaro. Certo è che appena due settimane dopo era arrivato l'accordo con Vivendi e un bel sospiro di sollievo per i vertici Mediaset, che voci di corridoio dicevano molto preoccupati per la difficoltà di Premium di rivaleggiare con Sky nonostante il maxi investimento compiuto sulla Champions League. L'accordo con il colosso francese puntava alla creazione di un unico gruppo con in mano tv a pagamento in Francia, Germania, Spagna e Italia, in grado di veicolare, sia in televisione che sotto forma di contenuti digitali, film, serie tv ed eventi sportivi. Obiettivo: contrastare lo sbarco nel Vecchio Continente di piattaforme quali Netflix. In realtà è ciò che, in parte, ha già fatto Sky da qualche tempo, ovvero da quando Murdoch ha deciso di unire sotto la stessa piramide gerarchica le varie sezioni europee di Sky, dando vita a un “format” unico, distinguibile sia nei contenuti che nell’immagine. Dopo il dietrofront delle ultime ore, però, tutto rischia di saltare. Vivendi ha comunque reso noto che «il gruppo ha effettuato ieri una proposta per raggiungere un nuovo accordo, in termini diversi, in modo da proseguire le trattative» con Mediaset, perché la società francese «conferma la sua volontà di costruire una grande alleanza strategica con Mediaset e Mediaset Premium». Ma la reazione del Biscione non pare proprio delle più aperte.

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