I turisti non ci sono più

Ma quali assembramenti, Città Alta in questi giorni è un deserto. E adesso?

«Dobbiamo sfatare l’equivoco che si è creato dopo la prima domenica: Città Alta non è assalita da torme di visitatori». I residenti hanno hanno potuto riassaporare la calma, le vie deserte, ma il commercio rischia di morire

Ma quali assembramenti, Città Alta in questi giorni è un deserto. E adesso?
Pubblicato:
Aggiornato:

di Paolo Aresi

Che cosa ne vogliamo fare di Città Alta? Il luogo del turismo? O degli studenti? Oppure vogliamo che sia semplicemente la cittadina di chi ci abita, riservata e un po’ austera, casa di duemila persone privilegiate?
È un dibattito che dura da più di mezzo secolo, ma nelle ultime settimane la discussione ha ripreso quota perché il Coronavirus ha improvvisamente offerto una Città Alta completamente diversa da quella che abbiamo conosciuto negli ultimi anni. I residenti hanno potuto riassaporare la calma, le vie deserte. E ora che la quarantena è terminata, ormai da oltre un mese, Città Alta continua a vivere in questa dimensione che ci ha riportato agli anni Novanta. Con un distinguo: negli anni Ottanta e Novanta la presenza degli studenti era massiccia. In queste settimane mancano anche loro. Risultato: siamo stati proiettati ancora più indietro nel tempo.

Con una ulteriore grande differenza. La Città Alta discreta e poetica che non conosceva il turismo (e nemmeno gli universitari) era molto più abitata di oggi, in parte era ancora zona popolare di Bergamo, i bambini frequentavano scuola e asilo in quantità rilevante. Altra differenza: allora non c’erano tutti i negozi votati al turismo. Oggi la Corsarola è una sequela ininterrotta di negozi di abbigliamento, di gadget turistici, di gelaterie, ristoranti, bar, pub... Fanno eccezione la macelleria del Fracassetti, la salumeria del Mangili, un paio di fruttivendoli, l’eterno elettricista e la latteria-bar. E poi oggi ci sono i bed & breakfast. Decine e decine.

Che cosa può significare tornare al passato? Se il turismo non riprenderà quota, questa rete commerciale andrà a sbattere contro il muro, i pub e le pizzerie e tanti negozi chiuderanno. E non ci saranno altre ferramenta, fruttivendoli, droghieri, ciclisti, salumieri, macellai, venditori di computer a sostituire le botteghe attuali, perché gli abitanti sono troppo pochi. C’è da augurarsi un ritorno al passato?

Eppure, anche negli anni Novanta, una persona di alto livello intellettuale come l’architetto Sandro Angelini, tuonava contro l’eccessiva presenza di studenti in Città Alta. Sosteneva che gli universitari, in tal numero, snaturavano le vie antiche, che avevano soltanto favorito il proliferare di botteghe di pizzette e merendine. Da lì nacque la definizione di Città Alta come “Pizzettopoli”. Da allora gli studenti sono diminuiti, emigrati in altre zone della città. Sono arrivati, dopo il Duemila, i turisti, in gran parte grazie a Ryanair, ai voli low cost, al nostro aeroporto. Con grande vantaggio per tutta l’economia della città. E ora?

«Io gestisco il Fly Pub, sulla Corsarola» dice Maurizio Pirovano, presidente della Comunità delle botteghe, nonché birraio indipendente. «In questa settimane dopo la riapertura, la situazione è da vedere, di gente ne gira gran poca. Io penso che prima di tutto dobbiamo sfatare l’equivoco che si è creato dopo la prima domenica: Città Alta non è assalita da torme di visitatori. Città Alta è pressoché vuota. Negli ultimi anni, la presenza notevole di turisti ha allontanato un po’ i bergamaschi dalle nostre vie. Questo è il momento per riscoprire Città Alta, è il momento per i bergamaschi di tornare quassù».

Tornare in Città Alta. Ascoltiamo la voce di altri protagonisti della vita della Corsarola. Evelyn Aymon - ma tutti la chiamano Lilly - in Città Alta ha sempre vissuto, e dal 1990 ha pure aperto un negozio; oggi è specializzata in cerchietti, quelli che si mettono in testa, di tutte le forme e prezzi, conosciuti non soltanto da noi: «Io ho riaperto il 18 maggio, ma lavoro non ce n’è, direi che Città Alta è morta, in effetti mi ricorda gli anni Ottanta e Novanta, solo che non ci sono nemmeno gli studenti... e nel frattempo è cambiato tutto. Prima o poi ci sarà un ritorno del turismo, ma chissà quando. In questi mesi però non possiamo restarcene con le mani in mano e bisogna anche riflettere su che tipo di turismo e quindi di Città Alta vogliamo. Sarebbe importante andare oltre il turismo mordi e fuggi, diminuire gli arrivi, ma aumentare le presenze. Un turismo più calmo, ma che - in fondo - può dare più soddisfazione, anche dal punto di vista economico». Non è una questione semplice. (...)

Continua a leggere su PrimaBergamo in edicola fino al 18 giugno, oppure l’edizione digitale QUI

Leggi anche
Seguici sui nostri canali