il caso

Macario e i "vecchi" comunisti a processo per le botte con la Celere a Lovere

I fatti risalgono al 2016. Due udienze di due processi distinti: nel primo sono imputati degli antifascisti, tra cui il segretario provinciale di Rifondazione, che nel secondo procedimento è parte lesa per le manganellate ricevute

Macario e i "vecchi" comunisti a processo per le botte con la Celere a Lovere
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Due udienze di due processi distinti ma entrambe celebrate ieri (lunedì 15 novembre) in tribunale a Bergamo e sullo stesso episodio: la prima alle 9, la seconda alle 12. Nel primo caso sono imputati per vari reati, tra i quali resistenza a pubblico ufficiale, dieci antifascisti; nel secondo caso è imputato un poliziotto di 39 anni del reparto Mobile di Torino per le lesioni procurate a due manifestanti antifascisti: un giovane di 36 anni della Val Cavallina e il segretario provinciale di Rifondazione Comunista Francesco “Coco” Macario.

Curiosa però è proprio la posizione di Macario, che è tra gli imputati del primo procedimento, mentre nel secondo si è costituito parte civile per le manganellate ricevute. «Nessun fascista – specifica il circolo locale di Rifondazione Comunista in una nota pubblicata su Facebook - risulta denunciato o sotto processo per i palesi reati commessi in sfregio alla Costituzione».

L’episodio

I fatti risalgono al 28 maggio del 2016, giorno in cui a Lovere alcuni militanti di estrema destra sfilò fino al cimitero per commemorare due fascisti della legione Tagliamento uccisi dai partigiani nel 1945. All’ingresso del campo santo, tuttavia, si trova anche il memoriale di tredici giovani partigiani fucilati nel 1943, i cosiddetti “Tredici Martiri”, e della Resistenza loverese, mentre all’interno vi sono le tombe dei partigiani.

Siccome un corteo analogo si era svolto anche l’anno precedente, «il presidente del Comitato antifascista bergamasco e il segretario dell’Anpi provinciale – spiega il partito della sinistra - avevano in precedenza incontrato a Bergamo le autorità competenti, che si erano impegnate a non consentire l’accesso al cimitero, dove non vi sono sepolti fascisti caduti. Lo stesso sindaco di Lovere aveva avuto rassicurazioni in tal senso».

I militanti antifascisti, temendo comunque una manifestazione da parte dell’estrema destra, decisero comunque di presentarsi all’entrata del cimitero per una contro-manifestazione, trovando il piazzale sbarrato da transenne e presidiato da polizia e carabinieri. Ed è a questo punto che sarebbero scoppiati i disordini.

Le due udienze

Nel corso della prima udienza l’accusa ha sostenuto che i manifestanti antifascisti avrebbero pressato con veemenza gli agenti, pur trattandosi nella maggior parte di persone di una certa età: due donne di 75 anni, una signora di 71 anni, un uomo di 67 anni e, appunto, anche Francesco Macario, 63 anni. Tra gli imputati c'è anche un anziano di 73 anni, accusato di aver sferrato un pugno in faccia a un poliziotto, dimesso con una prognosi di una settimana.

Al centro della seconda udienza c’è invece la reazione avuta dalle forze dell’ordine. Durante il dibattimento è nato un giallo. Come riporta L’Eco di Bergamo sono stati proiettati due filmati: il primo ripreso da un agente della polizia scientifica, che si interrompe prima delle manganellate, il secondo di un operatore di TeleBoario in cui si vedrebbe l’agente della scientifica che continua a puntare la telecamera sui manifestanti, pur non riprendendo la scena.

Una divergenza che ha spinto l’avvocato difensore, Rocco Gargano, a chiedersi se il filmato della polizia sia stato prodotto integralmente e, nel caso, perché a un certo punto si siano fermate le riprese. L’agente ha spiegato che l’inquadratura sarebbe stata ostruita dai furgoni di polizia e carabinieri parcheggiati nel piazzale e che stava cercando di aggirarli per poter filmare nuovamente i disordini.

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