In sofferenza anche alcuni reparti

I medici non vogliono lavorare al Pronto Soccorso dell'ospedale

I medici non vogliono lavorare al Pronto Soccorso dell'ospedale
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Abbiamo tutti a cuore il Papa Giovanni, il nuovo ospedale di Bergamo. Perché è un fiore all’occhiello della nostra città, ma soprattutto perché è il luogo della cura, della rigenerazione, della possibilità di riemergere dalla malattia, di tornare a vivere bene. È il cuore della battaglia contro la malattia. Ma la realtà parla di una situazione critica, di un ospedale che paga la crisi generale della sanità pubblica, di un sistema che avvantaggia il privato. I sindacati parlano anche di un «malessere organizzativo» interno al Papa Giovanni. Con le conseguenze che si possono immaginare.

 

 

La notizia che nessun medico abbia accettato l’assunzione al pronto soccorso è di quelle che fanno tremare. Ben cinque inviti da parte dell’Azienda ospedaliera e nessun medico che si è presentato. Che cosa sta succedendo? L’allarme lo avevamo lanciato sulle pagine del nostro giornale, settimana scorsa: i medici stanno abbandonando il Papa Giovanni. Aggiungiamo che adesso si registra pure una certa riottosità ad entrarvi, nel nostro ospedale. Venerdì scorso avevamo riportato la notizia del concorso per l’ospedale di San Giovanni Bianco, andato deserto. La situazione è grave. Dall’ospedale fanno sapere che a Bergamo Pronto Soccorso e Psichiatria sono specialità in sofferenza e che la segnalazione è stata inviata a chi di dovere. Anche per quanto riguarda il settore degli anestesisti (sono un centinaio) si sono verificate diverse mancanze, tuttavia l’Azienda ospedaliera ha aperto il concorso per otto posti e - pare - ci siano ottanta candidature.

 

 

Ma perché nessuno vuole andare al Pronto Soccorso del Papa Giovanni? Un medico intervistato la scorsa settimana dava una risposta lapidaria: «Il pronto soccorso è un girone infernale». Dove, addirittura, «l’aggressione verbale da parte dei pazienti è la regola quotidiana e dove l’aggressione fisica non è più un’eccezione». E il medico intervistato aggiungeva: «Ma è anche difficile criticare chi si lascia andare a un’espressione di rabbia verbale dopo che magari è da dieci ore che aspetta il suo turno, con una sofferenza dolorosa in corso». Eh, sì. L’impressione è che si stia perdendo il senso del limite. Anche...

 

Per leggere l’articolo completo rimandiamo a pagina 5 del BergamoPost cartaceo, in edicola fino a giovedì 11 luglio. In versione digitale, qui.

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