L'udienza del processo

Omicidio Ziliani, il compagno di cella di Milani: «Disprezzava e derideva vittima e inquirenti»

La figlia della vittima, Silvia Zani, aveva telefonato in caserma a giugno 2021 dicendo che la madre aveva profili su siti di incontri

Omicidio Ziliani, il compagno di cella di Milani: «Disprezzava e derideva vittima e inquirenti»
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Nell’udienza del processo per l’omicidio di Laura Ziliani, tenutasi nella giornata di ieri (giovedì 25 novembre), sono state ascoltate le testimonianze del maresciallo maggiore dei carabinieri di Ponte di Legno, Fabio Centola, e del compagno di cella di Mirto Milani, che hanno fornito nuovi dettagli rispetto al delitto.

Le dinamiche sono riportate da L’Eco di Bergamo: in aula era presente anche l’imputato, il quale durante la deposizione dell’altro carcerato ha sempre tenuto lo sguardo basso, limitandosi a scuotere la testa in certi passaggi del racconto, che non condivideva, e sussurrare all’orecchio del suo avvocato.

Il comandante dell’Arma ha rivelato che nel giugno 2021 Silvia Zani (figlia della vittima) aveva telefonato in caserma dicendo che la madre aveva dei profili social e più precisamente era iscritta ad app e siti di incontri. Centola ha quindi riferito che gli indagati stavano cercando di proporre una pista investigativa alternativa, come se la vittima fosse scomparsa in seguito a qualche incontro di tipo sentimentale. Una versione che, comunque, non ha mai trovato riscontri investigativi.

La testimonianza del compagno di cella di Milani, un imprenditore veneto detenuto per reati fiscali, non ha invece fatto emergere alcuna nuova informazione rispetto all’assassinio della donna, ma hanno delineato un ritratto della personalità del giovane che, secondo la Procura, sarebbe spietato e calcolatore. L’uomo, che adesso non si trova più in cella con l’imputato, ha spiegato di essere diventato col tempo suo confidente: all’inizio Mirto avrebbe negato la sua responsabilità nell’omicidio, poi avrebbe fatto ammissioni parziali. Quando l’altro gli avrebbe chiesto di raccontare tutta la verità, altrimenti avrebbe riportato alla direzione del carcere quelle storie, si sarebbe invece lasciato andare.

Milani avrebbe mostrato disprezzo nei confronti della vittima e degli inquirenti, fatto che avrebbe spinto il compagno a rivolgersi agli investigatori. Inoltre, nel leggere gli atti, quando è arrivato al passaggio in cui veniva riportato che la Ziliani era caduta sul materasso, avrebbe detto che «era caduta sul grasso della figlia Paola», oppure che «dopo averla uccisa l’hanno rivestita con un particolare intimo per lasciare intendere che avesse avuto un incontro amoroso occasionale». Quando gli è stato chiesto il perché avessero deciso di ucciderla, Milani avrebbe detto che si erano accorti che la vittima aveva tentato di avvelenarli. Un racconto che Milani aveva già fatto agli inquirenti, ma che anche in questo caso non ha trovato riscontri. Si tornerà in aula il 2 febbraio 2023 per gli ultimi testi del pubblico ministero.

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