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Ordinanza anti-gioco, primi ricorsi Gli esercenti si sentono discriminati

Ordinanza anti-gioco, primi ricorsi Gli esercenti si sentono discriminati
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Era soltanto questione di tempo. Alla fine, a oltre due mesi dall'entrata in vigore dell'ordinanza del Comune di Bergamo tesa a limitare il gioco d’azzardo (lecito) in città, arrivano i primi ricorsi. Il regolamento è stato presentato a inizio giugno ed è entrato in vigore il primo luglio. Tra le principali regole introdotte dall’ordinanza, quella che ha attirato più curiosità è l’introduzione di tre fasce orarie in cui il gioco d’azzardo è vietato:

  • dalle 7:30 alle 9:30;
  • dalle 12 alle 14;
  • dalle 19 alle 21.

Le limitazioni interessano tutte le forme di gioco d’azzardo fatta eccezione per il Bingo (cui viene riconosciuto il valore di essere giocato in compagnia) e per i più classici Lotto e Totocalcio, che solitamente prevedono tempi più lunghi tra una giocata e l’altra e quindi non portano al gioco compulsivo. Rientrano invece nel divieto anche i Gratta e Vinci. Un atto ritenuto da molti in Italia innovativo, che ha fatto seguito alla minuziosa indagine che ha messo in luce i preoccupanti numeri della nostra città: ben 1.812.680.000 euro investiti nel solo 2015 in questo settore, cifra superiore rispetto alla media della provincia addirittura del 54 percento, con una spesa di oltre 2.500 euro a persona (neonati compresi) e di quasi 6mila euro l’anno a famiglia. Un atto che, però, ha anche scatenato le ire dei commercianti e diviso l'opinione pubblica.

 

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I malumori e il primo bilancio. Già a fine giugno, la Fit (Federazione italiana tabaccai), attraverso la propria newsletter di informazione settimanale, aveva annunciato un ricorso contro l'ordinanza, spiegando che «auspicavamo di poter essere interpellati, ascoltati e, soprattutto, eravamo fiduciosi del fatto che qualcuno avrebbe saputo recepire le nostre istanze, avanzate in rappresentanza di tutti i tabaccai che della gestione del gioco pubblico per conto dello Stato ne fanno il proprio onesto lavoro. Nostro malgrado, così non è stato. Giunti a questo punto, il tempo del dialogo sembra oramai concluso». La posizione della Fit s'è ulteriormente rafforzata davanti al primo bilancio dell'ordinanza anti-gioco. Le testimonianze raccolte a metà luglio da larassegna.it sono eloquenti: per alcuni commercianti il calo delle entrate era arrivato a toccare anche il 30-50 percento e c’è chi s'è visto costretto a ridurre gli orari di apertura e non riesce più a mantenere al lavoro i dipendenti. Ma soprattutto sembra proprio che l’effetto sperato, ovvero ridurre il numero di giocatori, non sia stato raggiunto. Gli amanti del gioco, infatti, piuttosto che smettere si sono spostati fuori città, a Gorle, Seriate o Stezzano, tutti Comuni dove l’ordinanza non è attiva. Oppure, semplicemente, hanno cambiato le loro abitudini di gioco per rientrare nelle fasce orarie dove non c’è alcun divieto.

 

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Il ricorso di due attività di Bergamo. E alla fine il malumore s'è trasformato in atti formali di opposizione all'ordinanza. Tralasciando le associazioni di categoria, Il Giorno rivela come le prime a muoversi in tal senso siano state due sale slot della città, ovvero la Bpr Srl di via Corridoni e la Betting Vip di via Carducci. I titolari si sono rivolti al Tar per chiedere l’annullamento dell'ordinanza, adducendo diverse motivazioni: «la violazione del principio di partecipazione e contraddittorio con i destinatari dell’ordinanza», la carenza di «studi medico-scientifici-fattuali attestanti la pericolosità dei singoli giochi leciti», «l’arbitrarietà e carenza di motivazione alla base dell’esclusione di alcune tipologie di gioco dalla limitazione degli orari» e le «immotivate disparità di trattamento». Senza contare che, a parere dei due commercianti, l’ordinanza violerebbe «le norme sulla libertà imprenditoriale di iniziativa economica» e dimostrerebbe un «eccesso di potere per una scelta amministrativa di natura discrezionale effettuata mediante uno scorretto e illegittimo discrimine fra gli operatori del settore». In attesa che i giudici dicano la loro, Palazzo Frizzoni resta irremovibile sulla propria posizione e spiega che il provvedimento «è stato adottato sulla base di un’articolata istruttoria con ricognizione effettuata dai servizi sociali in collaborazione con le organizzazioni del settore, del privato sociale e del volontariato, sulla base di studi specifici e in particolare di un Rapporto di intensità costi e ricadute nel gioco pubblico d’azzardo nell’ambito della provincia e del Comune di Bergamo, condotto mediante analisi di dati ufficiali e ricerche». In altre parole, sono le ricerche a giustificare i motivi di una tal presa di posizione. Ora, però, saranno i giudici a decidere.

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