Un po' di chiarezza

Che fine ha fatto il plasma iperimmune? In Bergamasca già 100 sacche (ma non è una panacea)

“Le Iene” hanno riacceso il dibattito: perché non si punta forte su questa cura alla Covid a «basso costo»? In realtà il progetto dell’Avis è a buon punto. Ma attenzione a considerarlo un vero standard di cura

Che fine ha fatto il plasma iperimmune? In Bergamasca già 100 sacche (ma non è una panacea)
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di Andrea Rossetti

C’è stato un momento in cui il plasma ipermunne pareva la panacea contro la Covid. Ne parlavano tutti, diversi esperti lo presentavano come la cura più efficace e alcuni politici hanno cavalcato l’onda. Sul suo utilizzo sono state avviate numerose sperimentazioni e anche Regione Lombardia, così come altre regioni, a maggio aveva annunciato la creazione una “banca del plasma iperimmune” per la cura dei pazienti più gravi. Nei mesi successivi, però, il tema s’è un po’ spento e soltanto la scorsa settimana il programma tv Le Iene ha riacceso il dibattito. In un servizio, infatti, si diceva che, al di là del Veneto, nessun’altra Regione (neppure la Lombardia) ha realmente puntato sul plasma iperimmune, sebbene sia una cura «a basso costo» e dai risultati quasi immediati.

Cos’è il plasma iperimmune? Funziona davvero? In realtà, le cose non stanno proprio così. Che sia a basso costo, è vero: il plasma iperimmune, infatti, altro non è che il plasma dei pazienti che sono guariti dalla Covid, così chiamato per via degli anticorpi sviluppati durante il periodo di contagio. Possono donarlo coloro che hanno un livello elevato di anticorpi specifici utili a contrastare il coronavirus. Qui, dunque, sorge il primo problema: non tutte le persone entrate in contatto col virus possono donare plasma iperimmune. Il secondo problema è legato alla sua reale efficacia: al momento non c’è alcuna prova certa, esistono soltanto delle sperimentazioni che sono ancora lontane dal fornire risultati sicuri.

Lo ha ben spiegato l’immunologo Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto clinico Humanitas di Rozzano: «I dati del lavoro del San Matteo di Pavia, che ha fatto terapia col plasma iperimmune, sono incoraggianti. Ma sono dati su una piccola casistica di 46 pazienti. Ora abbiamo bisogno di sperimentazioni cliniche controllate. Purtroppo tre grandi sperimentazioni cliniche controllate condotte in Cina, in Olanda e in India hanno finora fallito».

L’impegno dell’Avis e la “banca del plasma iperimmune”. Detto questo, però, va anche detto che non è affatto vero che la Lombardia ha abbandonato la strada del plasma iperimmune, come invece affermato da Le Iene. La conferma arriva dal presidente regionale dell’Avis, Oscar Bianchi, fino a tre anni fa presidente dell’Avis provinciale di Bergamo e attualmente ancora tesoriere di quest’ultima: «Il progetto che abbiamo avviato sul plasma iperimmune è pienamente operativo - spiega -. Siamo stati proprio noi dell’Avis a presentarlo a Regione, e quest’ultima è stata ben contenta di assecondarci. In sostanza, grazie ai nostri donatori, ci siamo offerti di raccogliere sacche di plasma iperimmune». Bianchi precisa anche che una “banca del plasma iperimmune” esiste in Lombardia: «Presso ogni centro trasfusionale lombardo, così come presso ogni Centro di lavorazione e validazione del sangue, che sono nove in Lombardia, c’è una banca del sangue. E lì vengono anche conservate le sacche di plasma».

Le donazioni bergamasche. Siccome la provincia di Bergamo è una di quelle con più donatori (nel 2019 sono state ben 63.240 le donazioni, in Lombardia un dato secondo soltanto a quello della provincia milanese), proprio la Bergamasca è uno dei fulcri più importanti per questo progetto dell’Avis sul plasma iperimmune. «A Bergamo abbiamo iniziato circa due mesi fa - racconta Bianchi - e attualmente siamo a circa cento sacche raccolte, merito di una sessantina di donatori. Un numero importante». Lo conferma anche Artemio Trapattoni, presidente dell’Avis provinciale: «Un donatore, ovviamente, deve accettare di partecipare al progetto prima di tutto. E devo dire che i nostri si stanno confermando molto generosi: l’ottanta per cento dei donatori di plasma hanno accettato di partecipare. Purtroppo poi non tutti possono effettivamente donare plasma iperimmune». (...)

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