Rota Imagna continua a ospitare gli orfani ucraini, anche se lo Stato non paga
Un anno dopo, sono stati erogati solo i primi tre mesi dei fondi per l'accoglienza. Tutti i giorni problemi nuovi, ma anche i primi amori...
di Paolo Aresi
L’aria che soffia giù dal Resegone è gelida in questa mattina di aprile a Rota Imagna. Tanti ragazzi sono a scuola, a Sant’Omobono, altri seguono le lezioni dall’Ucraina, in “Dad”, didattica a distanza, nella sala della Stella Alpina, l’ex colonia che è la casa degli ottantasei ragazzi ucraini che da un anno vivono in Valle Imagna. Zaccheo Moscheni da più di un anno segue bambini e ragazzi e dà una mano importante al sindaco Giovanni Locatelli e alla vicesindaca, Barbara Bosè, in questa avventura che è iniziata nel marzo del 2022 e che coinvolge volontari, educatori, cittadini. Allora si pensava che sarebbe durata per un paio di mesi. E invece bambini e ragazzi sono ancora qui.
Come va Zaccheo?
«Io di giorno vado bene, è di notte che non riesco a dormire perché mi vengono i pensieri, penso a tutti i problemi da risolvere, che ci coinvolgono tutti, a cominciare dal sindaco, che ha avuto un bel coraggio ad affrontare un’impresa del genere. Tutti i giorni c’è un problema da risolvere, una soluzione da trovare. Da domani i ragazzini sono in vacanza, stavo pensando a che cosa fargli fare, credo che li porteremo a camminare, una gita ai Tre Faggi di Fuipiano, poi li portiamo a mangiare al Moderno, il ristorante del paese».
Pensavate a una questione di qualche settimana quando l’anno scorso in Prefettura il vostro sindaco, unico fra i presenti, si disse disponibile a ospitare quei cento ragazzi.
«Sì, si pensava a qualche settimana, magari qualche mese. Eravamo partiti convinti: non si potevano abbandonare quegli orfani e nemmeno andava bene che venissero spezzettati in tanti gruppi qua e là nella provincia. Avevano già tanti traumi da superare. Noi ne prendemmo un centinaio, una ventina di piccoli andarono fra Bedulita e Pontida, nell’abbazia. Siamo sempre in stretto contatto anche con loro».
Adesso è passato più di un anno, qualcuno dice che resteranno qui.
«Sì, perché qui stanno bene... Scherzi a parte, speriamo che la guerra finisca e che possano tornare alla loro terra, ma intanto cerchiamo di non fargli mancare niente. Loro sono bravi, sono ragazzini, anche bambini... i bambini sono molto affettuosi, ti chiamano papà o mamma dopo tre volte che ti vedono. Hanno un grande bisogno di affetto».
A un certo punto avete avuto problemi abbastanza seri.
«C’era un gruppetto di adolescenti, erano sei, che proprio non facevano giudizio. Niente di grave, ma furterelli, piccoli vandalismi, che poi magari non era nemmeno sempre colpa loro, ma ormai il paese li additava. Poi c’è stato quel principio di incendio in una stanza. Abbiamo cercato di fare capire loro che bisognava comportarsi in modo diverso, ma non ci siamo riusciti. Alla fine sono stati riportati in Ucraina, a Leopoli, ospiti di tre piccole comunità per orfani. Ci è spiaciuto, ma si stavano creando troppi problemi, anche con il paese. Adesso le cose vanno molto meglio. Abbiamo già tante cose a cui pensare e queste complicazioni non andavano bene. Devi già occuparti del loro tempo libero, della scuola, dei servizi sanitari, delle scarpe che non vanno più bene perché i piedi si allungano e dei pantaloni che diventano corti e poi ci sono il parrucchiere, il dentista, le visite mediche... ieri è stato qui da noi per le visite il dottor Centurelli, il garante dell’infanzia per Bergamo, una persona bravissima. Domani viene un funzionario di Confindustria per la questione dei tirocini extracurricolari, propedeutici per il lavoro. Adesso abbiamo anche ragazzi di diciannove anni e bisogna cominciare a pensare al loro futuro fuori dalla scuola».
Zaccheo, lei è contento?
«Tanto più sono contenti loro e tanto più sono contento io».
Avete ragazzi e ragazze, hanno rapporti con i coetanei della valle?
«Sì, sono nate amicizie. Quindici famiglie della valle ospitano ragazzini per la domenica, per la merenda, per studiare al pomeriggio... E sono nate anche storie sentimentali (...)