Si parla già di terza ondata, ma i dati dimostrano che la seconda ci ha solo sfiorato
I numeri dicono che una situazione di relativa gravità si è verificata nella Bassa, ma nulla di paragonabile all'ecatombe di marzo e aprile
I numeri continuano a parlare un linguaggio confortante, gli effetti dei sacrifici si vedono, il “lockdown” ha funzionato. Adesso la scommessa è non arrestare questo miglioramento; l’arma che abbiamo a disposizione è il comportamento: ormai, lo sappiamo bene tutti, conosciamo le regole d’oro per evitare i contagi.
In realtà, questa seconda ondata (ancora in corso, sebbene abbia notevolmente rallentato) ha soltanto sfiorato la Bergamasca. È stata più intensa nella Bassa, sebbene non abbia avuto niente a che vedere con l’ecatombe di marzo e aprile; in città e nelle valli questi ultimi quaranta giorni sono passati via in maniera relativamente tranquilla. Lo conferma il comunicato dell’Ats di Bergamo diramato giovedì, dove si afferma che la “Seconda ondata” nella nostra terra è stata di cinque volte meno intensa rispetto a quello che è accaduto a Milano e a Monza.
È stato effettuato anche uno studio di statistica medica da parte del San Raffaele, dell’università di Pavia e dell’Ats di Bergamo, in collaborazione con l’Association of Schools of Public Health in the European Region. Uno studio di epidemiologia che ha preso in considerazione diversi fattori. Per esempio: «Quella di Bergamo è l’area europea con la più alta sieroprevalenza documentata dall’Ats dopo la prima ondata (42 per cento, cifra alta, ma ancora lontana per raggiungere l’immunità di gregge)», dice il comunicato; lo studio ha messo in relazione anche questo dato con la bassa incidenza del coronavirus in questa seconda ondata. Sebbene l’immunità ancora non ci sia, l’alto numero di persone che hanno contratto il virus e lo hanno superato ha comunque costituito uno scudo che ha funzionato egregiamente.
Ora si prefigura lo scoglio del Natale, il giorno più importante dell’anno per noi bergamaschi, noi italiani e non soltanto. Il governo non si è fidato della capacità di autoregolamentazione dei connazionali e quindi ha deciso una serie di limitazioni che hanno fatto storcere il naso a tante persone. Il timore più grande è che i sacrifici fatti finora vengano vanificati dagli assembramenti, dai cenoni parentali, dai baci e dagli abbracci. Vedremo.
Intanto diamo un’occhiata ai numeri della settimana scorsa per scoprire che la situazione è ancora in miglioramento. In ospedale al Papa Giovanni abbiamo circa 125 pazienti Covid in totale, di cui 26 in terapia intensiva; in Fiera i ricoverati sono 36, di cui 21 in terapia intensiva curati dal nostro ospedale e 7 che fanno riferimento agli Spedali Civili di Brescia. (...)