Clochard e spaccio

Storie del centro malato: «Il lockdown mi ha sbattuto sulla strada»

In questi primi giorni di scuola, nelle ore mattutine e al termine delle lezioni, la folla degli studenti ha contribuito a riportare un senso di sicurezza

Storie del centro malato: «Il lockdown mi ha sbattuto sulla strada»
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di Matteo Rizzi

Viale Papa Giovanni, la stazione e le vie circostanti: la crisi post lockdown è tutta nel colpo d’occhio di questa zona. Senzatetto che si ritagliano degli spazi per dormire; tossicodipendenti che sostano sui gradini del parcheggio della stazione o sulla fontana al centro di Piazzale Marconi, spacciatori che di conseguenza si radunano nella zona; stranieri che in assenza di prospettive e di spazi popolano il viale. I residenti - sempre meno numerosi in zona - rivolgono lamentele al Comitato Bergamo Centro; i commercianti vanno a ruota. Ci sono anche abitanti del resto della città che non frequentano più volentieri questi luoghi. Tuttavia, in questi primi giorni di scuola, nelle ore mattutine, e soprattutto al termine delle lezioni, la folla degli studenti ha contribuito a riportare un senso di sicurezza almeno in quelle fasce orarie.

«Il problema - spiega Luca Mangili, titolare della tabaccheria di Piazzale Marconi - è che si crea contrasto tra il lavoro dei servizi sociali, che giustamente fanno di tutto per cercare di venire incontro almeno alle esigenze minime di chi per un motivo o per l’altro è costretto a vivere per strada, e quello dei servizi di sicurezza. Il fatto è che in stazione non abita nessuno: se si impedisce alle persone di dormire in questa zona e se queste persone non vogliono o non possono accedere ai dormitori pubblici, sono costrette a dormire da qualche altra parte. Tutte le altre aree sono più abitate di questa, ed è logico che se qualcuno trova un clochard sotto ai portici del suo condominio avrà delle lamentele a sua volta». E ancora: «Prendiamo ad esempio il problema dei tossicodipendenti: questa mattina è stato fatto sgomberare il parcheggio dietro alla fermata della Teb, perché bisognava fare le procedure di sanificazione. Alle undici le pulizie erano concluse e non c’era mezza siringa; alle quattordici ne abbiamo trovate almeno quindici».

Del resto, il circolo vizioso legato alla tossicodipendenza nella zona della stazione è cosa nota: «Ci sono dei servizi pubblici che distribuiscono lacci emostatici e siringhe pulite ai tossicodipendenti tre giorni alla settimana - continua Mangili – e il servizio viene offerto in stazione. È facile che, a quel punto, un tossicodipendente, dopo aver ricevuto il kit, vada a farsi nel posto più vicino possibile, abbandonando poi le siringhe. E questo posto spesso e volentieri è il parcheggio. Di conseguenza è logico poi che anche gli spacciatori si riuniscano lì». In ogni caso, Mangili da cinquant'anni frequenta la zona e assicura: «Il lockdown ha peggiorato parecchio il colpo d’occhio, ma credo di poter dire con certezza che ci sono stati periodi complessivamente peggiori di questo. Il fatto è che essendosi ridotta di molto l’utenza della stazione a causa del Covid e avendo diverse attività a orario ridotto o addirittura chiuse, l’aumento dei clochard salta immediatamente all’occhio».

In ogni caso, il lockdown ha rimesso sulla strada persone che prima dell’emergenza riuscivano a permettersi un posto in cui stare grazie a qualche piccolo lavoro. Come Sergio, che ci racconta la sua esperienza: «Ho lavorato in fabbrica per più di vent’anni, ma poi ho perso il posto (...)».

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