Inglobata in Intesa Sanpaolo

Ubi addio: fine di una banca che un tempo era stata popolare e targata Bergamo

La trasformazione in Spa, la Banca Unica con la fine del sistema federale e i nuovi vertici: un passo dopo l’altro, l’allontanamento dalle radici e dal territorio

Ubi addio: fine di una banca che un tempo era stata popolare e targata Bergamo
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di Andrea Rossetti

A Bergamo (e non a Brescia, per dire), dalla sera di martedì 28 luglio si discute di quale sarà il destino del credito orobico. L’acquisizione da parte di Intesa Sanpaolo di Ubi Banca, conclusasi in carrozza e realizzatasi formalmente proprio martedì grazie al raggiungimento momentaneo del 71,91 per cento delle adesioni degli azionisti Ubi alla sua offerta, ha infatti aperto un dibattito incentrato attorno a un tema che pare non passare mai di moda ai piedi delle Mura: la “bergamaschità”. Ubi, del resto, per i bergamaschi è sempre rimasta nulla più che l’erede della fu gloriosa Banca Popolare di Bergamo. Poco conta che quell’istituto, nel primo decennio degli Anni Duemila, divenne “banca rete” prima del gruppo Banche Popolari Unite e poi, appunto di Ubi, dalla quale è stata ufficialmente incorporata nel febbraio 2017. Poco importa che la “bergamaschità” tanto romanzata fosse già sparita da almeno un decennio e ne fossero rimasti tiepidi testimoni soltanto pochi grandi azionisti, per lo più imprenditori, impegnati soprattutto a gestire la propria “comfort zone” di potere che altro.

Un’evoluzione mai avvenuta. La verità è che a Ubi Banca, di bergamasco, era rimasto ben poco ed era divenuta ormai un ibrido creditizio, con radici sempre meno profonde piantate sul territorio (anzi, i territori, ovvero Bergamo e Brescia) e i rami in continua estensione, almeno dal punto di vista della volontà, verso il panorama nazionale. Da mesi si parlava di possibili fusioni per far compiere a Ubi quel salto di qualità che l’avrebbe definitivamente resa il terzo polo bancario nazionale. Eppure non si è mai andati al di là delle parole. Anche in queste ultime settimane, vissute nel pieno della buriana causata dal lancio della Ops «ostile» di Intesa, l’ad Victor Massiah ha affermato che, se l’operazione di Intesa non fosse andata in porto, entro fine anno Ubi avrebbe trovato un partner con cui lavorare. Parole, però, poco ascoltate. Del resto, a forza di ripeterlo...

Una banca per i territori. Con il passaggio a Intesa, quell’incertezza esistenziale con cui Ubi conviveva ormai da anni è stata definitivamente cancellata. Intesa non è una banca dei territori, è un colosso che, grazie a questa operazione, entra di diritto nell’élite bancaria e finanziaria europea (settimo gruppo per proventi operativi e terzo per capitalizzazione di Borsa). Nonostante questo, e anzi soprattutto per questo, Intesa deve ora dimostrare di poter però essere una banca per i territori, facendo ricadere proprio lì da dove arrivano importanti fette della sua ricchezza i vantaggi indiscutibili derivanti dal fatto di giocare un ruolo da protagonista sullo scacchiere creditizio internazionale. Insomma, Messina & Co. adesso dovranno rispettare le promesse fatte in questi mesi, dimostrando che gli enormi sforzi economici effettuati a Bergamo in tempi di emergenza Covid (trenta milioni complessivi tra finanziamenti a fondo perduto e prestiti agevolati) non sono stati soltanto un prezzo pagato per “comprarsi” simpatie. [...]

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