Un nuovo studio (che riguarda pure Bergamo) sostiene ci sia un legame tra inquinanti e Covid
La ricerca è diretta dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, in collaborazione con l’Università del Salento e l’Istituto Superiore di Sanità
Di un possibile legame tra inquinamento atmosferico e diffusione del Covid se ne discute dalla scorsa primavera. Ora il tema è tornato al centro del dibattito dopo la pubblicazione sulla rivista Environmental Pollution di uno studio diretto dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, in collaborazione con l’Università del Salento e l’Istituto Superiore di Sanità.
L’analisi ha preso in considerazione le concentrazioni nell’aria di polveri sottili Pm2.5 e Pm10 e di biossido di azoto (NO2) correlandole alla distribuzione sull’intero territorio nazionale dei casi di Covid-19 e dei decessi. Lo studio, relativo al solo primo trimestre del 2020, ha incluso 107 aree del Paese, tra cui Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto.
Secondo quanto sostenuto dai ricercatori, i risultati farebbero ipotizzare una correlazione tra il numero di giorni in cui si sono superati i limiti di concentrazione degli inquinanti e i livelli d’incidenza, mortalità e letalità dell’infezione. I livelli di Pm10 sono stati confrontati anche con la variazione del tasso d’incidenza del Covid a Milano, Brescia e Bergamo. Tutte le aree mostrerebbero un andamento temporale simile per le concentrazioni rilevate di inquinante, ma l’incidenza della malattia sarebbe meno grave a Milano rispetto che a Brescia e Bergamo.