Il libro

“La Ferrovia Elettrica della Valle Brembana”, cioè l'Orient Express brembano

Claudio Tognozzi racconta parti della storia locale facendo pregevole uso di documenti, fotografie, materiale d’epoca

“La Ferrovia Elettrica della Valle Brembana”, cioè l'Orient Express brembano
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“La Ferrovia Elettrica della Valle Brembana” è l’ultimo libro di Claudio Tognozzi (Polibio Books), autore bergamasco che racconta parti della storia locale facendo uso di documenti, fotografie, materiale d’epoca. Quest’ultima fatica di Tognozzi porta come sottotitolo: “Storia illustrata dell’Orient Express Brembano, con cronache dell’epoca”. Sì, perché il treno che andava da Bergamo a San Pellegrino (poi fino a Piazza Brembana) era particolarmente elegante, in linea con l’esigenza turistica del tempo. La costruzione della ferrovia fu una grande impresa. Entrò in esercizio nel 1906 quando una mai abbastanza criticata decisione impose di fermarla. Tognozzi racconta l’epopea della costruzione mostrando documenti, articoli, fotografie d’epoca. Ci racconta del primo sciopero degli operai, circa duemila, che dopo due mesi di lavoro incrociarono le braccia perché si lamentavano della paga bassa e delle ore di lavoro nelle gallerie (ben dodici ore, chiedevano di ridurle a otto).

Quella della Valle Brembana fu la terza ferrovia in Italia a trazione elettrica. Il progetto definitiva fu firmato dall’ingegner Vittorio Gianfranceschi: prevedeva 105 curve, 73 ponti (in cemento armato) e 19 gallerie. Il sedime ferroviario era largo quattro metri e venti centimetri. Vennero dislocate nove stazioni e sette fermate semplici, con telefono e telegrafo per ogni stazione. Gli edifici furono tutti progettati dall’architetto Squadrelli, lo stesso del Grand Hotel e del Casinò. La ferrovia si qualificò dal punto di vista dell’architettura e del paesaggio come una delle più belle d’Italia. Tognozzi racconta anche la fine della ferrovia pubblicando la copertina del giornale di Ambria, “Il Randagio”: il locomotore si schianta uscendo da una galleria contro un masso caduto sui binari e firmato “Italcementi”. Nella chiusura fu infatti decisiva la volontà della società che aveva acquisito la ferrovia ed era intenzionata a sostituirla con il servizio di autobus, come disgraziatamente avvenne.

Commenti
Andrea72

Bisognava vendere le auto e gli autobus della Fiat...poi prendetevela sempre con il Pubblico per i mali di questo paese...

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