Aiutiamo Bucha con imprese e volontari, come fatto a Bergamo dopo la prima ondata Covid
L'Ong nella città ucraina simbolo delle violenze russe. Servono lo stesso spirito e lo stesso modello visto da noi durante la primavera 2020
di Andrea Rossetti
Nell’anno in cui Bergamo si è vista riconoscere anche formalmente il “titolo” di Capitale del Volontariato, l’obiettivo è mettere l’incredibile tesoro di eccellenze operose della nostra provincia al servizio del martoriato popolo ucraino. A fare da tramite, la Fondazione Cesvi, sin da inizio marzo operativa in Ucraina grazie al proprio network di associazioni presenti in Europa (e non solo).
Del resto, Cesvi era già presente sul territorio ucraino da prima del famigerato 24 febbraio - giorno dell’invasione russa -, più precisamente nel Donbass, dove tensioni e scontri tra forze governative di Kiev e popolazione filorussa sono iniziate anni fa. Ora l’area di influenza del Cesvi s’è ampliata praticamente in tutto il territorio ucraino, da Leoppoli a Dnipro, con una forte concentrazione nelle aree più centrali del Paese, lì dove si sono rifugiati gran parte dei profughi cosiddetti interni, di cui poco si sente parlare perché rimasti in patria ma ugualmente in fuga dalla guerra e, numericamente, molto numerosi: se infatti si stima siano circa cinque milioni le persone che hanno varcato i confini ucraini per cercare riparo in nazioni straniere, sono almeno sette milioni gli ucraini che hanno lasciato le città in cui vivevano ma sono rimasti all’interno dell’Ucraina. Secondo il Cesvi, poi, dodici milioni di persone avrebbero perso la casa durante questa guerra.
La Fondazione bergamasca s’è sin da subito adoperata per fornire ai profughi interni supporto alimentare e per creare dei centri di accoglienza temporanei in strutture quali scuole o palestre, rifornendoli di quanto necessario (letti, cucine, bagni). In un quadro in cui il novanta per cento delle persone in fuga sono donne o bambini e il restante dieci per cento anziani o soggetti fragili, Cesvi ha anche organizzato un sistema di “cash assistance”, ovvero di supporto economico che possa ridare a questa gente un minimo di dignità.
È in questo quadro che il 29 aprile è avvenuta la missione Cesvi a Bucha, cittadina di meno di quarantamila abitanti situata a nordovest di Kiev e diventata tristemente e tragicamente simbolo della violenza russa sui civili. Piersilvio Fagiano, direttore generale della Fondazione, ha incontrato il sindaco locale Anatoliy Fedoruk, gettando le basi per un’opera di ricostruzione e ripartenza che vada oltre il semplice aiuto immediato. Come spiegano dal Cesvi, «quello a Bucha vuole essere un intervento di speranza più che di emergenza. L’idea è quella di portare nella città simbolo di questa guerra le prime attività di ricostruzione. Azioni che guardino al futuro e non solo al presente». Nell’occasione, inoltre, Fagiano ha anche consegnato a Fedoruk una lettera del sindaco di Bergamo Giorgio Gori nella quale viene avanzata la proposta di un gemellaggio tra le due città. (...)