Inventata da Jesse Herzog e Betabrand

Ha indossato per giorni una tuta ma tutti pensavano fosse un abito

Ha indossato per giorni una tuta ma tutti pensavano fosse un abito
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Sebbene l’abito elegante, la giacca e la cravatta siano un must per tutti gli uomini in carriera, a farne le spese è spesso la comodità. Anche il businessman più abituato a vestire abiti formali ammetterà che la comodità di una tuta è impareggiabile. Ed è su questa semplice consapevolezza che è nato Suitsy. Qualche tempo fa, Jesse Herzog e la Betabrand, marchio di abbigliamento con base nella Silicon Valley, avevano lanciato una raccolta fondi online (crowdfunding) per rendere realtà il sogno di tanti pigrissimi uomini: creare una tuta che, una volta indossata, sembri in tutto e per tutto un abito da lavoro. In poco tempo il consenso è stato incredibile: il noto programma Good Morning America ne ha parlato a lungo, elogiando l’inventiva del suo inventore Herzog; GQ l’ha definito «un auspicio per il futuro»; è l’emblema di tutto ciò che la gente ama e allo stesso tempo odia della Silicon Valley. La Betabrand ha realizzato poche settimane fa i primi Suitsy e il blogger Greg Ferenstein è riuscito a mettere le mani su uno dei primi lotti e, soprattutto, a provarlo.

 

 

A bocca aperta. Ferenstein aveva raccontato di come avesse passato un'intera settimana nei dintorni di San Francisco indossando solo il suo nuovo Suitsy. Sia al bar che nelle riunioni, nessuno sembrava osservarlo in modo strano. Pareva un normalissimo businessman nel suo abito elegante, con giacca e cravatta di ordinanza. Ferenstein, che non lascia nulla al caso, ha però pensato: «San Francisco è la casa della stravaganza, probabilmente è per questo che nessuno dei miei colleghi mi guarda male. Ci sono abituati». Ha così deciso di fare la prova del nove: presentarsi indossando lo Suitsy nell’unico luogo della Bay Area dove si ha la certezza di incontrare solo persone in abito, ovvero una convention repubblicana. La Lincoln Labs, infatti, aveva organizzato un incontro a cui era presente anche il senatore Paul Rand. Alla fine della convention, un amico di Ferenstein, lì presente, gli ha chiesto ridacchiando: «Come mai ti sei vestito come questi cadaveri?». È a quel punto che il blogger ha deciso di raccontare la verità: si è tolto la tuta/abito, lo Suitsy. L’incredulità s’è fatta spazio in tutti i presenti, rimasti letteralmente a bocca aperta. Ogni dubbio è venuto meno in Ferestein: tutti erano certi che lui indossasse realmente un abito elegante.

 

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Moda stravagante o futuro della moda? Una volta assicuratosi che lo Suitsy, effettivamente, faceva il suo dovere, Ferenstein ha voluto capirci qualcosa in più. Questo incredibile capo d’abbigliamento è solo una stravagante moda o può realmente diventare il futuro dell’abbigliamento? Trovare una risposta non è semplice. Ferenstein, per 4 giorni, ha indossato praticamente tutto il tempo il suo Suitsy. Il primo risultato del suo esperimento è tanto banale quanto fondamentale: pur avendolo indossato per ore e ore, non ha mai sentito la necessità di toglierselo. Ha lavorato, è andato a fare la spesa, ha partecipato a riunioni di lavoro ed è andato al bar: è stato come indossare tutto il giorno un pigiama o una comodissima tuta. Chi mai vorrebbe togliersi il pigiama o la tuta? E anche la sensazione che si prova quando lo si indossa è quella di stare fasciato nei nostri abiti preferiti e più comodi. Ferenstein, infatti, ammette di averci anche dormito con Suitsy: nessuna differenza rispetto a quando indossa il suo amato pigiama.

 

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Comodo è comodo quindi, bene. Ma è veramente un buon sostituto per un abito formale? Certamente Suitsy non ha lo stile impeccabile di un abito da sartoria, non è fatto su misura ed è il Diavolo per i tanti fashion addicted del mondo modaiolo maschile, però è funzionale. Ferenstein spiega che è come paragonare una Mustang a una Prius quando tutto ciò che serve è solo un’auto per andare a prendere il latte al supermercato. In altre parole, lo Suitsy non è un capo pensato per gli appassionati di moda, ma per coloro che si trovano costretti a indossare un abito formale solo una volta ogni tanto. Fintanto che Suitsy, indossato, sembra a tutti gli effetti un abito formale, il suo scopo è raggiunto. Ma per esserne sicuro, il blogger ha anche fatto un sondaggio online: ha postato l’immagine di lui vestito con un abito vero e poi lui nel suo Suitsy e ha chiesto agli internauti quale dei due outfit preferissero. Il risultato è stato chiaro: l’80 percento preferisce l’abito classico, ma un buon 20 percento dei votanti ha anche dato la propria preferenza allo Suitsy. Insomma, la sensazione, almeno di Ferenstein, è che lo Suitsy possa essere veramente un successo in una certa fetta di mercato.

 

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Tra moda e innovazione. Suitsy è una creazione Betabrand, il marchio d’abbigliamento di Chris Lindland nato puntando a «una moda per la classe di giovani creativi del domani». Il suo pubblico è la nuova ondata di grafici e informatici che nei prossimi anni tenteranno di rivoluzionare il mondo. Non tutti questi, però, hanno la fortuna di lavorare in luoghi di lavoro in cui giacca e cravatta sono solamente considerati una rottura e per questo s’è deciso di puntare su Suitsy. Com’era prevedibile, le critiche non sono tardate ad arrivare. L’uomo che l’ha inventato, Herzog, non ci pensa: «L’industria della moda non si riconoscerà mai nella moda del domani, soprattutto nei suoi valori» spiega. «Mi piace leggere una rivista di moda su un volo aereo – continua Herzog –, ma è un po’ come la Bibbia. Se la si legge e analizza letteralmente, si sbaglia. Le riviste di moda sono un ottimo strumento per conoscere le tendenze, la storia della moda, le tradizioni, ma Suitsy è qualcosa di totalmente diverso dalla moda vista fino ad oggi. È vera e propria controcultura rispetto ai loro valori». E che Herzog, almeno in parte, abbia ragione lo dimostra il fatto che molti uomini che hanno letto questo articolo, almeno per un istante, hanno desiderato avere nel proprio armadio uno Suitsy. Per la cronaca, se lo desiderate sappiate che costa poco più di 340 dollari, 308 euro.

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