Come reagire

I dieci consigli della psicanalista per vivere senza panico questi giorni complicati

I dieci consigli della psicanalista per vivere senza panico questi giorni complicati
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Alessandra Iamundo De Cumis, psicoanalista, ci ha raccontato come sta reagendo la gente all’emergenza Coronavirus e ha stilato una sorta di decalogo di consigli su come affrontare la paura e la tensione, con noi stessi e con le persone che ci stanno vicine, in questi giorni. Con una premessa fondamentale: è assolutamente normale sentirsi impotenti.

1. Ricordatevi che l'ansia e la paura spesso si trasformano in sintomi fisici. Senso di costrizione al petto e senso di soffocamento; crisi simil asmatiche, tosse (definita tosse nervosa), mal di testa, nausea, vomito e febbriciattola. Non scambiate questi sintomi per Coronavirus.

2. Cercate di mantenere per quanto possibile un pensiero positivo e di speranza. Un tono dell’umore depresso porta ad abbassare il nostro sistema immunitario rendendo l’organismo più vulnerabile in presenza di agenti patogeni.

3. Cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno, soprattutto se abbiamo dei bambini. Loro hanno antenne sottilissime in grado di captare tutti i nostri stati d’animo. Ci osservano anche quando non ce ne accorgiamo. Noi siamo il loro unico punto di riferimento. Possiamo farci vedere rattristati ma non in preda al panico.

4. Non fate vedere ai bambini il telegiornale. Riceverebbero informazioni che non sono in grado di decodificare e notizie traumatiche favoriscono ovviamente l’aumento di ansia. Se questo dovesse accadere, risulta necessario l’intervento, la mediazione dei genitori che spieghino ai figli cosa sta accadendo. No al silenzio. Dopo averli rassicurati e aver legittimato le loro paure, fate fare loro una attività piacevole e rilassante.

5. Se un membro della famiglia ha contratto il virus non teniamolo nascosto, non riuscireste nell’intento e, al contrario, nella testa dei bambini prenderebbero forma pensieri ancora più terrifici. Diciamolo e rassicuriamoli con parole semplici spiegando che il loro corpo è più forte del virus e che ci sono persone buone in tutto il mondo che stanno creando le cure e il vaccino.

6. Responsabilizzate i vostri figli adolescenti, parlate con loro del virus e di quello che sta accadendo, ascoltate il loro punto di vista e le loro emozioni. Ricordiamoci che i giovani pensano di essere immortali, non hanno ancora interiorizzato il concetto di morte e quindi tendono a mettersi in situazioni a rischio. Molte mamme mi dicono di non riuscire a farli stare a casa: «Ormai sono grandi come faccio a costringerli a non uscire se vogliono incontrare gli amici?». Non sono adulti quindi ricordatevi che i limiti fanno crescere e che la vita è una sola. Siate tassativi. Il ruolo del cattivo sarebbe meglio lo assumesse il padre e che la decisione sia sostenuta da entrambi i genitori.

7. Spesso si sente dire «Muoiono solo gli anziani». Mettiamoci nei loro panni: sanno di essere la categoria più vulnerabile. Stiamo loro vicini e confortiamoli, ma soprattutto preserviamoli dal contagio. Coinvolgiamoli e chiediamo cosa facevano in famiglia quando erano piccoli: con buone probabilità avremo delle valide indicazioni su come impegnare il tempo quando siamo costretti a stare in casa.

8. Stiamo in famiglia ma non ognuno ricurvo sul proprio telefonino: parliamo, cuciniamo insieme, molte mamme avendo a disposizione più tempo si riappropriano delle vecchie ricette di cucina e le insegnano ai figli.

9. Sappiamo che gli incidenti domestici statisticamente sono alti, quindi poniamo ancora più attenzione nella quotidianità e cerchiamo di non farci male, perché ricordiamocelo bene, gli ospedali sono saturi.

10. Prendiamo sul serio la questione. C’è una epidemia, non dobbiamo farci prendere dal panico, dobbiamo proteggerci e per ora c’è solo una via: stiamo a casa quanto più possibile calibrando le uscite.

Un’ultima riflessione investe il nostro modo di essere e di pensare. Stavamo vivendo in una società caratterizzata da narcisismo, individualismo e senso di onnipotenza. Il Coronavirus ha scompaginato la nostra quotidianità e limitato la libertà di movimento mettendo in crisi la nostra struttura mentale. Sentiamo di non avere più il controllo della nostra vita. In altre situazioni di emergenza ho visto le persone stringersi e sostenersi reciprocamente. Al contrario questo virus ci obbliga all'isolamento, ci fa vedere l’altro come un possibile untore. Cerchiamo di non perdere il senso di comunità.

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