Detenuto perché militava in Al Qaeda

I 44 anni di Abu Bakr Al Baghdadi Da prigioniero americano a Califfo

I 44 anni di Abu Bakr Al Baghdadi Da prigioniero americano a Califfo
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Il 29 giugno il Califfato ha festeggiato il suo primo anno di vita (ne abbiamo parlato qui). Il giorno prima, il 28, che è anche l’unico giorno dell’anno composto da due numeri perfetti differenti, il suo autoproclamato leader, Abu Bakr Al Baghdadi, aveva compiuto 44 anni. Sarà perché l’unica volta che il suo volto è apparso in pubblico, un giorno dopo aver compiuto 43 anni, aveva la barba lunga e il mantello nero, sarà perché la sua vita non è stata delle più facili, il sedicente Califfo i suoi anni non li porta proprio benissimo. Ma chi è quest'uomo che sta spaventando l'Occidente?

Notizie imprecise sulla sua vita. Impossibile stabilire una verità certa sulla sua biografia, poiché le notizie sul suo conto variano a seconda delle fonti che vengono interpellate. C’è una diatriba anche sulla sua città natale: forse Samarra, forse Falluja, forse chissà. C’è chi dice sia una spia dell’Occidente, chi dice che abbia lavorato nel Mossad, e via di questo passo. Una cosa è certa: Ibrāhīm ʿAwwād Ibrāhīm ʿAlī al-Badrī al-Sāmarrāʾī, questo il vero nome di Al Baghdadi, che negli anni si è fatto chiamare anche Abu Du’a (nel mondo arabo si è soliti chiamare chi ha figli maschi con il nome del primogenito preceduto dalla parola Abu, che significa padre. Nel suo caso, però Abu Bakr era il nome del primo califfo dopo Maometto), o Dr. Ibrahim, è stato prigioniero a Camp Bucca, il supercarcere creato in mezzo al nulla del deserto iracheno dagli americani per rinchiudere i combattenti che strappavano dalle città irachene durante la guerra contro Saddam Hussein.

 

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Non brillante negli studi. Figlio di gente povera, è secondo di quattro figli di una famiglia di contadini, nonostante lui vanti la parentela con Maometto. A inizio anni Novanta arrivò nella capitale irachena e per dieci anni visse in una stanza adiacente a una piccola moschea nel quartiere periferico di Tobchi. Non eccelleva negli studi ma aveva carisma e una bella voce, e così quando mancava l’imam era lui a guidare la preghiera come sostituto muezzin. Alla fine riuscì a prendere il dottorato in studi islamici, anche se il suo sogno era quello di laurearsi in legge. Ma, aveva buoni voti solo in matematica. Anche sul piano militare non è mai stato eccellente. Venne scartato alla visita di leva a causa della sua salute precaria e della timidezza nel parlare in pubblico. Del resto lui aveva sempre preferito studiare, anche se non ripagato dagli sforzi, rispetto a svolgere attività fisica. Qualcuno, invece, sostiene fosse un promettente calciatore. La timidezza, almeno in un’occasione, pare l’abbia superata.

Innocuo, all’apparenza. Al Baghdadi cominciò a seguire le dottrine dell'estremismo islamico di stampo salafita. Erano gli anni più cruenti dell'occupazione americana dell'Iraq, quelli con il massimo numero di attentati e vittime civili. Al Baghdadi, però, passò sempre per una figura di secondo piano, se non addirittura innocua. Con idee da fanatico, certo, ma confinato a predicare in una piccola moschea della periferia di Baghdad. Sposato e con due bambini.

 

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Camp Bucca e la nascita dell’Isis. È tra le lamiere dei tetti del carcere creato dagli americani, scaldate dal torrido caldo delle estati irachene, che è nata l’ideologia dell’Isis. Perché a Camp Bucca, insieme ad Al Baghdadi, sono stati rinchiusi tutti i più importanti leader dello Stato Islamico. Gli ex detenuti hanno dichiarato in un programma televisivo come la prigione fosse «una scuola di Al Qaeda», dove i veterani estremisti davano lezioni sugli esplosivi e sugli attacchi suicidi ai prigionieri più giovani.

Il futuro Califfo a Camp Bucca. Il sedicente Califfo è stato detenuto a Camp Bucca dal 2004 fino alla fine del 2005 e poi ancora all’inizio del 2006. Qualcuno dice anche fino al 2009. Dopo essere stato rilasciato, ha formato l’esercito dei sunniti, che in seguito si fuse con il cosiddetto Consiglio della Shura dei Mujahideen. Nel 2004 venne arrestato, dopo aver contribuito alla fondazione del gruppo militante Jeish Ahl al Sunnah al Jamaah, che si era affermato nelle irrequiete comunità sunnite vicine alla sua città d’origine, per reati di poco conto. All’epoca venne definito poco più che un ladruncolo comune, oggi come l’uomo più pericoloso del mondo, in cima alla kill list degli Stati Uniti (gli stessi che lo arrestarono 10 anni fa), sulla cui testa pende una taglia da 10 milioni di dollari. I suoi carcerieri non si accorsero mai della sua pericolosità, per questo non venne nemmeno assegnato al Compound 14, quello riservato ai più estremisti. Però si accorsero che era un leader, poiché si distinse per la sua capacità nel sedare le risse che spesso si verificavano tra prigionieri. Uscendo dal carcere di Camp Bucca, pare abbia detto ai suoi ormai ex compagni di cella: «Ci vediamo a New York, ragazzi».

 

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Personalità da rottamatore violento. Al Baghdadi può essere definito un rottamatore violento, poiché dopo un passato di militanza in Al Qaeda, di cui faceva parte quando il gruppo era guidato da Abu Mus’ab Al Zarqawi, si è progressivamente allontanato per formare lo Stato Islamico, di cui si è autoproclamato Califfo l’anno scorso. Fino al 2011 ha intrattenuto legami con Ayman al-Zawāhirī, il successore di Bin Laden. È stato coinvolto in attentati contro sciiti e cristiani, colpevoli di aver collaborato con il governo di Baghdad. Poi Al Baghdadi ha cambiato rotta, inserendosi nel conflitto siriano. Qui ha reclutato le sue milizie e si è staccato dal Fronte al-Nusra, i qaedisti siriani, muovendo loro guerra. Nel 2010 si autoproclama emiro dello Stato islamico in Iraq (Isi), e nel 2014 fa lo stesso con il titolo di Califfo. Il resto è attualità.

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