Commissario azzurro a Bergamo

Alessandra Gallone: «Forza Italia non è morta, non sottovalutateci»

La senatrice: «Qui abbiamo sperperato un patrimonio di consensi, ma siamo dovuti ripartire da zero, senza una sede e neppure un computer»

Alessandra Gallone: «Forza Italia non è morta, non sottovalutateci»
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di Andrea Rossetti

«Ah, come mi sarei divertita...». Lo dice col sorriso, Alessandra Gallone. Ma anche con un filo di amarezza, forse. Perché l’attuale senatrice di Forza Italia, nonché commissario degli azzurri a Bergamo, due anni fa fu veramente vicina a lasciare Roma per tentare l’impresa di battere Giorgio Gori alle elezioni cittadine.

In tanti pensavano che il nome giusto del centrodestra fosse lei, però lo dissero in pochi. Gli equilibri della coalizione erano delicati e, nel braccio di ferro interno, alla fine la spuntò la Lega, che, dopo aver rincorso invano diversi profili civici, poi optò per Giacomo Stucchi. Con il ben noto, deludente, risultato. Gallone ci potrebbe sempre riprovare tra tre anni, no? «Ne succedono di cose in tre anni. Vedremo, vedremo. È indubbio che il sogno di ogni politico, almeno secondo me, è mettersi al servizio del suo territorio. Ma io l’ho sempre fatto e lo sto facendo anche adesso».

Per un partito che, però, sembra in agonia.

«Ma no, Forza Italia non è morta. È un partito leaderistico, certo, ma lo era anche la Lega con Bossi. Guardate dove sta ora...».

Quindi Forza Italia vive e lotta insieme a noi?

«Certo. Non sottovalutateci, Forza Italia serve, è il centro del centrodestra».

Ed è al governo.

«Esatto, un Governo guidato da uno dei presidenti più autorevoli al mondo, Mario Draghi. Che, non a caso, è arrivato qua anche grazie a Silvio Berlusconi, che anni fa puntò deciso su di lui».

Però Draghi non è leader del centrodestra.

«I vuoti politici si riempiono. Berlusconi c’è ancora, alla grande. In futuro vedremo».

Tutti i “delfini” di Berlusconi non hanno fatto una bella fine, politicamente parlando. Ora pure Toti ha salutato.

«Non penso però che la colpa sia di Berlusconi. Semmai di quelle persone che non hanno avuto la pazienza di attendere, l’umiltà di imparare a essere leader. Fini, Alfano, Fitto, ora Toti: sono personalità costruite da Berlusconi che non hanno voluto però attendere il loro turno».

Lei, invece, è rimasta lì. “Nata” in Alleanza Nazionale e passata per Fratelli d’Italia, non ha pensato di tornare a casa?

«Il mio percorso politico è molto lineare. Mi trovavo in An perché condividevo una visione di destra liberale che poi, nel tempo, si è persa. Allora, nonostante non condividessi tutte le scelte, decisi comunque di restare per rispetto verso gli elettori che mi avevano eletto in Parlamento. Ma dopo l’uscita dal Pdl, capii che quella destra era diventata troppo conservatrice per i miei gusti e così passai in Forza Italia. E decisi di ripartire, dicendo no a Roma e facendo cinque anni come consigliere comunale a Bergamo. Perché dovrei andarmene ora? Ho rispetto per chi mi ha votato e, soprattutto, condivido i valori del mio partito».

Che le ha anche dato molte responsabilità. Ha un sacco di ruoli.

(Ride, ndr) «Più che ruoli, ho ricevuto molta fiducia. Sono vicecapogruppo in Senato, responsabile della scuola di formazione politica di Forza Italia, responsabile nazionale del dipartimento Ambiente e commissario a Bergamo. Forse sono l’ultima delle romantiche, ma per me questo è il riconoscimento dell’impegno che ci ho messo e dei valori alla base della mia esperienza politica».

Dice che Forza Italia non morirà, ma allora qual è il futuro del partito?

«Non lo so, sembra che ci sia un riavvicinamento con la Lega. Potrebbe essere una cosa interessante per entrambi mettersi insieme. Di certo qualcosa succederà e io sarò in prima fila».

Sì, però il consenso...

«Guardi, sarò sincera: a me dei sondaggi e delle previsioni di voto non me ne frega niente».

E allora perché fa tanti gazebo, qui in Bergamasca?

«Perché mi sono presa un impegno: ridare forma a Forza Italia a Bergamo. E gli impegni li prendo sempre molto seriamente».

È un percorso duro?

«Sicuramente abbiamo sperperato un enorme patrimonio, politicamente parlando. Siamo dovuti ripartire da zero, senza più neppure una sede e dei computer. Chi c’era prima di me non aveva lasciato nulla».

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