Elezioni regionali: il Pd candida Majorino e il "rivale" Maran resta di sasso
Con una mossa forzata, la sinistra del partito decide per l'europarlamentare. L'annuncio mentre "il contendente" parla a Bergamo
di Wainer Preda
Con un colpo di mano del tutto inatteso, il Partito Democratico ha ufficializzato, ieri (17 novembre) in tarda serata, il suo candidato alle Regionali. Si tratta di Piefrancesco Majorino.
Europarlamentare, 49 anni, Majorino ha una lunga carriera politica. I suoi esordi sono nei movimenti studenteschi. Nel 1998 si iscrive ai Democratici di sinistra. Lavora con Livia Turco al ministero della Solidarietà e nel 2004, a 31 anni, diventa segretario dei Ds di Milano. Due anni dopo entra in Consiglio comunale con l’Ulivo e per tre anni è capogruppo a Palazzo Marino, mentre il sindaco è Letizia Moratti.
Nel 2011 diventa assessore alle Politiche sociali nella giunta di Giuliano Pisapia, in cui figurava all’Urbanistica Pierfrancesco Maran, fino a ieri l'unico candidato in pectore del Pd alle Regionali.
Nel 2019, Majorino è eletto all’Europarlamento con oltre 93 mila preferenze. La fumata bianca, che lo ha fatto diventare il candidato del Pd che sfiderà Letizia Moratti e Attilio Fontana, è arrivata dopo una riunione a cui hanno partecipato i rappresentanti della coalizione composta da Pd, Alleanza Verdi-Sinistra, +Europa e Lombardi Civici Europeisti.
«Sono onorato ed emozionato», ha scritto Majorino in un post sui social per confermare la sua candidatura. «Incontrerò le forze del centrosinistra per costruire insieme, e secondo le modalità condivise, la proposta più forte possibile per cambiare pagina in Regione».
Il Pd chiude ai Cinquestelle (forse)
Durante la riunione, Sinistra Italiana ha rilanciato l'ipotesi di un allargamento sostenendo che è «giunto il momento di stringere il confronto programmatico, sul quale si era lavorato in comune accordo anche con il M5S fino a luglio, e definire la piattaforma». Ma da +Europa è arrivato subito l'aut aut: la «partecipazione è riferita a una coalizione che, come oggi, non comprende i Cinque Stelle». E anche il Pd ha chiuso: «La coalizione è questa qua. Punto», ha detto il segretario regionale Vinicio Peluffo. Ma non è detto che alla fine non si arrivi a una coalizione più ampia.
Intanto dovrà essere l’assemblea regionale del Pd a ratificare la candidatura di Majorino. Lo statuto del partito prevede le primarie. Ma possono essere aggirate se i due terzi dei partecipanti si schiera per l'europarlamentare. Cosa che pare scontata.
E Maran resta con l'amaro in bocca
Non l'ha presa granché bene (eufemismo) Maran, che al momento dell'annuncio stava parlando della sua candidatura proprio qui a Bergamo. «Non sapevamo nemmeno chi c'era a quella riunione in cui hanno preso la decisione di candidare Majorino», ha detto stupefatto ai presenti. Il candidato "scaricato" per ora non esce dal partito. Resta dentro, per provare la battaglia congressuale, cercando di capitalizzare il malcontento verso l'improvvida mossa del partito.
Della candidatura di Majorino, invero, si parlava da giorni. Ma il modo con cui è stata ufficializzata ha lasciato di sasso. Senza primarie. Senza una parola una, verso l'unico vero candidato in pectore che finora si era presentato, Maran appunto. E mentre lo stesso Maran, in un incontro davanti a decine di bergamaschi al Mutuo soccorso, stava illustrando il programma con cui intendeva portare avanti la sua candidatura.
Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, che in Maran ha creduto molto, si è detto «arrabbiato per la scelta tardiva e senza dare segnale di apertura e partecipazione». Insomma, la sinistra del Partito Democratico ha forzato la mano. E chi, come Maran, si appellava quantomeno a un confronto pubblico, è rimasto totalmente spiazzato. Una mossa al limite dello sgarro istituzionale, per un partito che ha sempre sbandierato la democrazia interna come un valore inalienabile.