L'intervista

Gori, da Bergamo all'Europa: «Cosa ci sto a fare a Bruxelles? A semplificare le regole»

Da sei mesi a Bruxelles, l’ex sindaco racconta il suo nuovo impegno politico: «Qui si tira di meno in porta, ma non ho un attimo di pausa»

Gori, da Bergamo all'Europa: «Cosa ci sto a fare a Bruxelles? A semplificare le regole»
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di Marta Belotti

È a Bruxelles ormai da quasi sei mesi l’ex sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, oggi europarlamentare del Pd inserito nel gruppo europeo dei Socialisti e Democratici. Eppure, se gli si chiede come sia la capitale belga, rimanda la domanda al mittente: «E chi ha avuto il tempo di vederla?».

Più che i marciapiedi, si può dire che le suole delle sue scarpe abbiano visto soprattutto i lunghi corridoi labirintici dell’edificio che ha come cuore l’emiciclo dove ha sede il Parlamento Europeo. Ed è proprio qui che ci ha accolto e che lo abbiamo intervistato.

Come sta e come è cambiata la sua vita negli ultimi sei mesi?

«Per uno come me, che per dieci anni ha fatto il sindaco di una città di medie dimensioni, è stato un cambiamento ovviamente molto, molto radicale. Fare il primo cittadino e fare l’europarlamentare non è la stessa cosa. Anzi, sono proprio due sport diversi nel grande mondo della politica».

Ci spieghi meglio.

«Il sindaco ha un ruolo grazie al quale ha sott’occhio gli effetti delle sue decisioni. Un parlamentare europeo, invece, è membro di un’assemblea che ha delle caratteristiche e dei meccanismi molto particolari. In più, il Parlamento europeo non ha potere di iniziativa legislativa: agisce solo di rimando rispetto a ciò che la Commissione europea decide di proporgli e in parallelo al Consiglio europeo, dove siedono i governi. Ha quindi il compito di allineare i punti di vista tra queste tre istituzioni, o quantomeno provarci. In poche parole, se prima ero abituato a “tirare in porta”, ora lo faccio meno».

Gli europarlamentari sono spesso percepiti come “lontani”. E, soprattutto, non è facile capire cosa facciano.

«Effettivamente, non è sempre semplice comprendere e spiegare il nostro ruolo. Quello dell’europarlamentare può sembrare un lavoro che ha ben poco a che fare con la vita di tutti i giorni. Ma non è così».

Quale è la sua settimana tipo?

«Innanzitutto, bisogna distinguere tra quando si lavora a Bruxelles e quando invece, e in genere è una settimana al mese, tutto il sistema si sposta a Strasburgo per la plenaria. In questo secondo caso, io e lo staff saliamo con la mia macchina. Partiamo il lunedì e torniamo il giovedì. Stessi giorni per Bruxelles, dove però vado e vengo con l’aereo. Parto il lunedì verso le 13, così da poter passare la mattinata a Bergamo o a Milano. Verso le tre e mezza entro in Parlamento e da lì si tira fino a sera tardi. Altrettanto succede il martedì e il mercoledì. I ritmi sono serrati e non ho un attimo di pausa. Ci sono i working group, ovvero gli incontri con il mio gruppo politico, poi i lavori delle commissioni e ancora i trasversal group».

Insomma, di certo non si annoia.

«No. Anche perché, quando ho un buco libero, ecco che mi inseriscono qualche incontro con le realtà europee più diverse che chiedono appuntamenti. Sono stato nominato vicepresidente nella Commissione industria (Itre, ndr), quindi incontro imprenditori di ogni tipo (...)

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