la lettera aperta

Carretta, Poli e Messina: «Come abbiamo fatto a dimenticarci delle nuove generazioni?»

Il consigliere regionale di Azione e gli assessori del Comune di Bergamo tracciano un'analisi critica di come la politica non stia tutelando a sufficienza i giovani

Carretta, Poli e Messina: «Come abbiamo fatto a dimenticarci delle nuove generazioni?»
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«Come abbiamo fatto a dimenticarci delle nuove generazioni?». Parte da questo interrogativo la lettera aperta scritta dal consigliere regionale di Azione Niccolò Carretta e dagli assessori del Comune di Bergamo Loredana Poli (istruzione) e Marcella Messina (politiche sociali). Un documento che evidenzia che, nella gestione dell’emergenza sanitaria, «tra milioni di vittime, una crisi economica non ancora entrata nel suo vivo e una popolazione sempre più spaventata, sono mancati pensieri e azioni per le generazioni più giovani».

Gli studenti delle scuole superiori, in particolar modo quelli lombardi, sono costretti a seguire le lezioni a distanza dal momento in cui è esplosa la pandemia. Quelli universitari, poi, in un anno di discorsi pronunciati dai rappresentanti politici a qualsiasi livello istituzionale, non sono stati pressoché citati.

«La situazione giovanile, già prima della pandemia, versava in una situazione molto complessa e articolata, con una grave disparità di livelli di competenze, di competitività e di occupazione tra il nostro Paese e gli altri Stati europei e, all’interno dell’Italia, di risorse e opportunità tra nord e sud e tra cittadini italiani e stranieri – si legge nella lettera -. In particolare, il ruolo della scuola dentro questa situazione ha ormai palesato l’inefficacia del nostro sistema dell’istruzione come ascensore sociale. Il Covid ha esasperato questi disequilibri aggiungendo nuovi fattori divenuti cruciali, come il gap tecnologico, e confermando che livello culturale, linguistico, di tenuta delle relazioni sono più importanti del solo fattore economico».

Studi europei italiani stimano che la didattica a distanza avrà effetti nefasti sulle nuove generazioni: lacune formative (dal 30 al 50 per cento) ma anche della sfera personale, psicologica e relazionale. Non mancano segnalazioni di incrementi nei tentativi di suicidio, negli episodi di autolesionismo o di fenomeni violenti come le risse di gruppo delle scorse settimane a Gallarate e Roma.

«Quando si parla di giovani non si parla solo di scuola, ma di una sfera complessa, articolata e mutevole – proseguono Carretta, Poli e Messina -. Una sfera già poco considerata e definitivamente accantonata in questi mesi, con la scomparsa dai discorsi e dalle azioni programmate delle fasce giovani della popolazione. A tratti, giovani e bambini sono rientrati nelle cronache come possibili untori. Ci sono giovani e giovanissimi che pur con grandissima fatica sono riusciti a rielaborare questo tempo accompagnati da adulti in grado di farlo, ma ci sono anche persone in crescita per le quali invece questi mesi drammatici vanno ad inserirsi in fragilità già presenti, anche legate all’età».

«La società e la politica di livello statale e regionale hanno smesso di occuparsi dei giovani «non per cattiveria, ma per istinto di autoconservazione; a dire il vero un istinto miope, di corto raggio perché implica il declino sociale nel medio e lungo periodo. Nei territori vediamo già chiaramente che si rischia, prima o dopo, di entrare nel circolo vizioso del contrasto generazionale. Un conflitto senza vincitori e senza uscita di emergenza, che calerebbe il sipario sul futuro del nostro Paese».

Secondo Niccolò Carretta, Loredana Poli e Marcella Messina è fondamentale tornare a parlare con i ragazzi di scuola, cultura e lavoro: «Troviamo davvero preoccupanti alcuni dati che leggiamo sul peso che le scelte politiche danno alle future generazioni. Alcuni ragazzi e ragazze hanno lanciato una battaglia sul Recovery Plan italiano che prevede solo l’1 per cento delle risorse europee impiegate a supportare la crescita, la formazione e il lavoro per i giovani».

«Oltre al lavoro per invertire finalmente la rotta delle politiche e dei finanziamenti europei e statali, bisogna attivare velocemente strumenti di conforto e supporto immediato ai giovani, a partire dalle comunità locali: qui e là sono stati attivati (per lo più a distanza) sportelli di supporto psicologico, laboratori espressivi culturali, progetti scolastici. Manca fortemente la dimensione in presenza, capace di attivare la sfera relazionale e fisica, che in età di crescita sono i motori di qualsiasi attivazione. Su questo, con criterio e in sicurezza, bisogna però arrivare a fare proposte più definite, a partire dalla scuola. Restano invece da attivare progetti specifici per il lavoro dei giovani: a loro carichiamo il peso di un maggiore debito pubblico, a loro dobbiamo fornire gli strumenti per poterlo ripagare, anche ponendosi in modo competitivo sul piano internazionale: basta con le polemiche sui cervelli in fuga e sull’immagine dell’Italia che non è un paese per giovani».

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