Lega lombarda, la pace di Massimiliano Romeo e quel messaggio a Matteo Salvini
Nessuna resa dei conti fra le correnti, il nuovo segretario regionale mira a ricostruire un’unità. Quattro i bergamaschi nel direttivo

di Wainer Preda
E ora nella Lega serve una riappacificazione interna. C’è questo, in estrema sintesi, dietro la candidatura unitaria e l’elezione di Massimiliano Romeo a nuovo segretario regionale.
Domenica 15 dicembre, all’hotel Sheraton di Milano, il nuovo leader lombardo ha messo i puntini sulle i, chiudendo la stagione dei “nominati” per rilanciare quella dei militanti. Ma in un passaggio del suo discorso finale è stato molto chiaro: «Basta con le beghe e beghette di cortile all’inseguimento ossessivo di poltrone e poltroncine che siano la Regione, il Parlamento o le città. Prima viene l’interesse del movimento, sia chiaro», ha detto fra gli applausi dei delegati, fra cui 54 bergamaschi.
Insomma, un passo indietro (o di lato, se preferite) negli atteggiamenti belligeranti da parte di tutti, per farne due in avanti. È il tentativo di Romeo di evitare un redde rationem fra le diverse ali del Carroccio, specie nella Bergamasca e nel Bresciano, che costituiscono il grosso del consenso leghista. Una linea condivisa da Matteo Salvini, che al congresso ha ammesso l’esistenza di problemi, specie nelle due province di cui sopra, e la necessità di una riorganizzazione. Ma in senso inclusivo e non punitivo nei confronti di tizio o caio.
È anche per questo che i tanti bergamaschi che avrebbero sostenuto al congresso Cristian Invernizzi (poi ritiratosi) hanno deciso di votare per Romeo, convinti che il nuovo segretario possa scongiurare ulteriori guerre interne e lavorare all’unità del partito. Perché diciamola tutta, già domenica pomeriggio in molti avevano cominciato ad affilare i coltelli per liquidare gli avversari, alla luce del nuovo corso. D’altronde, il confronto interno nell’ultimo periodo aveva travalicato i limiti.
Anche a Bergamo, dove tiri mancini e colpi bassi non sono stati risparmiati. Un esempio per tutti: il “trappolone” creato ad arte ai danni dell’assessore regionale Claudia Maria Terzi, plenipotenziaria di Salvini e capo di una delle correnti del Carroccio locale, ma invisa a taluni. Finita bocciata nelle urne dei delegati, dopo aver fatto gioco di squadra per altri. Un tentativo di delegittimarla - in Bergamasca, in Regione e persino agli occhi di Salvini - che la dice lunga sui rancori dentro il partito. E che ha lasciato di sasso i leghisti stessi.
«Ora stop - ha detto Romeo dal palco (...)