L'intervista

Antonio Misiani (Pd) di nuovo viceministro? «Mi faccia la domanda di riserva...»

Il senatore bergamasco dice la sua su Draghi e Conte, sul rapporto coi Cinque Stelle, su Salvini e sulle correnti del Partito Democratico che rischiano di soffocarlo

Antonio Misiani (Pd) di nuovo viceministro? «Mi faccia la domanda di riserva...»
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di Ettore Ongis

Il dado è tratto, il governo ha acceso il motore. Che cosa ne pensa l’unico esponente bergamasco del governo Conte II? Antonio Misiani, ex viceministro dell’Economia e delle Finanze, non si tira indietro e parla della nuova stagione che si è aperta con Mario Draghi.

La devo chiamare senatore o viceministro?

«Mi deve chiamare Antonio, come sempre».

Com’è stato il debutto di Draghi?

«Buona la prima. Un discorso di grande spessore, all’altezza della sfida difficilissima che si è caricato sulle spalle».

Tre cose che l’hanno colpita nel suo discorso?

«La prima: la forza con cui ha difeso la collocazione europeista e atlantica dell’Italia e l’irreversibilità dell’euro, senza guardare in faccia a nessuno. “Non c’è sovranità nella solitudine”, ha detto nel suo discorso. La seconda: il rifiuto della lettura di questa crisi come un fallimento della politica, e la richiesta ai partiti di fare un passo avanti, non uno indietro, per rispondere alle necessità del Paese. La terza: il costante riferimento ai giovani e alla responsabilità che abbiamo nei confronti delle nuove generazioni».

Meglio lui o Conte?

«Sono molto diversi. Conte ha lavorato bene in una situazione drammatica, conquistandosi un grande consenso nel Paese. Draghi è un uomo di grande capacità e autorevolezza, ma come è accaduto con tutti i predecessori dovrà essere misurato sui fatti».

Lei sarà riconfermato fra i sottosegretari?

«Domanda di riserva?».

Il viceministro Misiani ospite dei vertici del Gruppo editoriale Netweek

In questa crisi il Pd ha dato l’impressione di cedere le armi senza neppure sparare un colpo a salve, non crede?

«No, non lo credo. Abbiamo lavorato in tempi non sospetti per rilanciare il governo Conte e poi per evitare la crisi. Non ci siamo riusciti, purtroppo. Ma ci abbiamo provato fino all’ultimo».

Salvini manda messaggi di pacificazione…

«A parole. Lo misureremo passo passo. Per noi contano solo i fatti».

Siete al governo con Berlusconi e Salvini, quanto scottano le poltrone?

«Non sarà un pranzo di gala, ma ci attrezzeremo. Non abbiamo fatto un’alleanza politica con Lega e Forza Italia. Abbiamo risposto a un appello del presidente Mattarella».

State compiendo passi verso un’alleanza stabile coi Cinque Stelle, l'intergruppo al Senato è un segnale chiaro e forte.

«Intergruppo è un’espressione un po’ sessantottina, ma parliamo di un coordinamento dei gruppi parlamentari, non del nuovo Ulivo. Nulla di più, nulla di meno».

Avete governato coi Cinque Stelle, com'è andata? Dopo un anno insieme a loro che idea se ne è fatto, sinceramente?

«I 5 Stelle sono molto cambiati, col passare del tempo. Erano entrati come movimento anti sistema, avevano iniziato la legislatura con posizioni euro scettiche. Hanno lavorato con noi per sedici mesi e ora sostengono con noi Draghi. Le distanze rimangono, su alcuni temi sono ancora grandi, ma di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia, tra noi e loro, e non invano».

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