La settimana romana

Violi, l'ultimo grillino: le critiche a Di Maio e lo sconcerto per lo scontro interno

Il consigliere regionale bergamasco è stato l’unico rappresentante bergamasco del M5S a votare per il Mattarella bis

Violi, l'ultimo grillino: le critiche a Di Maio e lo sconcerto per lo scontro interno
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di Andrea Rossetti

Se tutto fosse rimasto cristallizzato a quattro anni fa, il Movimento 5 Stelle bergamasco avrebbe avuto ben quattro esponenti, la scorsa settimana, tra i grandi elettori per l’elezione del Presidente della Repubblica. Dal 2018 a oggi, però, le cose sono cambiate. Molto cambiate. I tre parlamentari pentastellati eletti allora hanno infatti scelto strade diverse. Guia Termini è passata nel Gruppo Misto, così come Fabiola Bologna, che però è molto vicina a Coraggio Italia di Toti, mentre Devis Dori è entrato il LeU. La truppa orobico-grillina a Roma è sembrata neve al sole: s’è sciolta in attriti e guerre intestine.

Dario Violi invece, in quel di Palazzo Lombardia, ha tenuto botta. Nonostante le perplessità e le critiche che ha più volte mosso ai vertici, il consigliere regionale bergamasco, ex candidato governatore, non ha mollato. E la scorsa settimana è stato l’unico rappresentante bergamasco del Movimento a votare per il Mattarella bis, nominato dai colleghi delegato delle opposizioni (non senza scorni col Pd) per l’importante elezione al fianco dei leghisti Attilio Fontana e Alessandro Fermi.

Violi ha dunque vissuto in prima persona i concitati giorni di trattative, veti incrociati, accordi e rotture che si sono consumati al Transatlantico e dintorni la scorsa settimana. E sebbene non sia particolarmente avvezzo alle dinamiche romane della politica, ovviamente non ha potuto fare altro che prendere atto dell’ennesimo episodio del format “Guerre Pentastellari” che sta andando in onda sulle frequenze grilline, con protagonisti il leader Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.

Violi, bentornato. Com'è andata la parentesi romana?

«È stata emozionante, è il picco più alto della mia esperienza politica finora. Sono contento di aver partecipato a un evento tanto importante. Ma sono anche contento di essere tornato. Iniziava a diventare pesante la cosa...».

Come mai? Ci sono state elezioni del Presidente della Repubblica che hanno richiesto molti più scrutini di questa.

«Lo stallo era evidente. Ma, soprattutto, era poco chiaro quel che accadeva durante le trattative tra i vari partiti. Andavi a letto pensando che si fosse raggiunto un accordo e ti svegliavi con la situazione opposta. Diciamo che sono abituato a lavorare con maggior chiarezza. A essere più pragmatico».

Be’, c’era da aspettarselo. No?

«Sì, per certi versi sì. Altre cose però non le avevo previste».

Tipo?

«L’estrema pressione del mondo esterno per fare in modo che eleggessimo Draghi al Quirinale. Su mille e passa grandi elettori, 999 non volevano Draghi. Era una delle poche cose chiare. Eppure media, lobbisti, corporazioni spingevano tutte per lui. Una pressione che più passavano i giorni e più diventava fastidiosa e pesante».

Per questo voi, più che i leader, alla fine avete spinto per il Mattarella bis?

«Diciamo che, davanti allo stallo delle trattative, l’unico modo per evitare che alla fine i leader cedessero alle pressioni per eleggere Draghi era spingere in un’altra direzione. Migliore».

Lei è stato uno dei grandi elettori dei Cinque Stelle che, sin da subito, ha votato per Mattarella oppure ha sempre seguito la linea di Conte?

«Ho sempre seguito la linea indicata da Conte. Ho sempre detto che solo in un caso non lo avrei fatto, ovvero se mi avessero costretto a violare i miei principi».

Cioè?

«Tipo se mi avessero detto di votare Casini. Ecco, quello no».

I voti arrivati a Mattarella sin dai primi scrutini da parte di suoi colleghi pentastellati, però, sono stati il primo indizio della spaccatura tra Conte e Di Maio...

«Francamente, mi pare una situazione molto montata da voi giornali. Almeno in quei momenti. Mattarella prendeva dieci, quindici voti all’inizio. Noi grandi elettori pentastellati eravamo oltre duecento. Dieci su duecento: parlare di spaccatura mi pare esagerato. Nel complesso, siamo sempre stati compatti. Solo alla fine, a elezione di Mattarella avvenuta, Di Maio s’è esposto».

In modo molto duro.

«E incomprensibile, a mio parere. Lo dico chiaramente: trovo vergognoso e imbarazzante il teatrino tirato in piedi. Ci stiamo comportando come il Pd nei giorni peggiori: mentre gli italiani sono sommersi di problemi, noi ci perdiamo in inutili divisioni interne».

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