Ben 655 firme

L'affondo di studenti, prof, genitori e nonni bergamaschi: «Aprite le nostre scuole!»

L'iniziativa è nata con il passaparola su WhatsApp e ha portato alla redazione di una lettera che nel giro di 24 ore ha raccolto tantissime adesioni

L'affondo di studenti, prof, genitori e nonni bergamaschi: «Aprite le nostre scuole!»
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Difficoltà cognitive; aumento dell’ansia, dell’instabilità emotiva e di attività autolesioniste, oltre che dei tentativi di suicidio; incremento delle disuguaglianze sociali. Sono soltanto alcune delle ricadute negative che la chiusura prolungata delle scuole sta arrecando alle giovani generazioni. Il malcontento provocato dalla continua proroga della didattica a distanza è evidente soprattutto tra gli studenti delle scuole superiori, che in questi giorni hanno scelto forme pacifiche di protesta per rendere pubblica la propria insofferenza.

Un certo grado di frustrazione per l’immobilismo delle Istituzioni, incapaci fino ad oggi di garantire il ritorno nelle aule in condizioni di sicurezza, inizia a palesarsi anche tra gli adulti che, di conseguenza, hanno deciso di farsi portavoci delle istanze dei ragazzi. «A un anno dall’inizio della pandemia non si è ancora trovata una soluzione per garantire agli studenti e ai cittadini la fruizione dei luoghi deputati all’istruzione e alla cultura» sottolinea un gruppo di genitori, insegnanti, nonni, studenti, educatori e sostenitori vari in una lettera indirizzata al Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, ai vertici di Regione Lombardia e del Comune di Bergamo.

La richiesta avanzata è esplicita già dal titolo: «Aprite le scuole!». Solo così si potranno evitare danni sociali irreparabili per i giovani. Un documento nato non da un comitato precostituito, bensì dall'iniziativa di un genitore, che dopo aver scritto una bozza del testo e averla condivisa su WhatsApp ha raccolto nel giro di 24 ore ben 655 adesioni. E le firme continuano ad aggiungersi di ora in ora. «La didattica a distanza ha rappresentato durante la prima ondata della pandemia l’unica soluzione disponibile – evidenziano -, tuttavia nel tempo si sono evidenziati molteplici disagi psico comportamentali, difficoltà cognitive, aumento della dispersione scolastica e molte altre criticità ben evidenziate anche nelle statistiche recentemente pubblicate da Ipsos e denunciate da Save the Children».

Studi italiani, tra cui una ricerca dell’Irccs Gaslini di Genova, dimostrano una crescita nell’incidenza delle problematiche comportamentali e di sintomi di regressione: sotto i sei anni aumentano irritabilità, disturbi del sonno e disturbi d’ansia; sopra i sei anni aumentano l’instabilità emotiva, i disturbi del sonno e i problemi di concentrazione. I disagi nella gestione dei figli in casa sono evidenti. Questi ultimi appaiono agitati e nervosi a causa dell’isolamento prolungato che sta privando i giovani non soltanto del diritto all’istruzione ma anche della socialità, un fattore determinante nella formazione del carattere.

«Chiediamo che le scuole riaprano immediatamente – aggiungono -. Non c’è motivo di chiuderle in territori come la provincia di Bergamo, in cui i numeri del contagio sono da zona gialla. Non c’è motivo soprattutto pensando alle scuole medie, frequentate da ragazzi che nella maggioranza dei casi vivono in prossimità degli istituti scolastici, con un uso limitato dei mezzi pubblici. Non si può privare una intera generazione di un bene primario quale è la scuola, mentre osserviamo 61 nuovi casi di Covid su 100 mila persone. Non possiamo accettare che stante lo scenario in cui vengono prese le decisioni, la scuola sia di fatto messa in coda alle priorità con una riapertura che rischia di essere rimandata al prossimo anno».

«Chiediamo al Governo e all’Amministrazione regionale misure puntuali, propositive e continuative, provincia per provincia, comune per comune, come accade in altri Paesi europei – attacca il gruppo -. È possibile prevenire il dilagare dei contagi con adeguati strumenti di sanificazione e prontezza nelle diagnosi. A marzo non c’erano tamponi, ora è possibile una sorveglianza sanitaria accurata. A marzo non c’erano vaccini, ora possiamo proteggere gli insegnanti».

I sottoscrittori della lettera chiedono anche che le Istituzioni prevedano iniziative di sostegno e recupero per gli studenti coinvolgendo anche il volontariato e il terzo settore. «Non basterà riaprire oggi gli istituti scolastici per colmarle – concludono -. La didattica a distanza è uno strumento per innovare, non per fuggire dalla responsabilità del dover affrontare una condizione straordinaria. È il momento di considerare finalmente la scuola in presenza per quello che è: un servizio essenziale».

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