Il patrono di Bergamo

I luoghi di Sant'Alessandro

I luoghi di Sant'Alessandro
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Sono molti gli edifici religiosi dedicati al nostro patrono in città e in provincia e, con qualche riserva, ad oggi potrebbero essere contate 15 chiese parrocchiali (di cui due in città, in borgo Pignolo e in San Leonardo), 20 sussidiarie e campestri, di cui una in città (in Corticella o Captura, attuali Cappuccini) e due a Paderno di Seriate. E poi cappelle, altari, oratori privati, santelle, ex voto e chi più ne ha più ne metta. Senza dimenticare i siti cittadini a lui dedicati, testimoni diretti del suo martirio e capaci di raccontarci ancora oggi la sua storia.

 

Chiesa di Sant'Alessandro in captura
La cattura

La tradizione vuole che le sue fondamenta rimandino al sacello eretto nel punto in cui il patrono venne catturato, imprigionato e poi martirizzato. Un edificio sacro è testimoniato nel 1211 e probabilmente è lo stesso vicino cui si insediarono i Padri Cappuccini nel 1535, fondando il primo convento del loro Ordine in Lombardia. Lavori e rifacimenti si compiono negli anni dal 1564 al 1572, ma del complesso originario non resta quasi più nulla dopo le spoliazioni napoleoniche, seguite dal passaggio al Demanio, al restauro del 1888, alla sua trasformazione in bettola nei primi anni dell’Ottocento e infine alla sua intera ricostruzione nel 1956. Stando alle fonti, la chiesa era detta anche in captura o in nemoribus o post murgulam o trans murgulam (dietro/sotto la Morla) e con il chiostro era immersa in una zona idilliaca della città: tra orti, giardini, boschi e corsi d’acqua. Refettorio, spezieria, celle per i frati, stanza di lettura, ortaglia e boschetto caratterizzavano il sito, oltre a viali con pergolati o alberati da cipressi e la distesa di campi coltivati a grano. Nel Settecento si dice che il convento fosse composto da due chiostri: uno piccolo e quadrato, adibito ad orto con le più variegate verzure, l’altro più grande impreziosito da un bellissimo giardino ricco di essenze diverse e corredato da una fontana.

 

Basilica di Sant'Alessandro in Colonna
Il martirio

La sua presenza nel borgo S. Leonardo è documentata solo dal secolo XI, nonostante la tradizione la voglia già eretta nel secolo VI, mentre gli ampliamenti e i rifacimenti la interessarono nei secoli XV-XVI-XVIII, fino a vederla definitivamente ultimata nel 1905 con la coronazione del campanile, su cui svetta la statua della Madonna del Patrocinio. La specifica “in colonna” è menzionata sin dal 1133: la tradizione vuole che la colonna presso cui venne decapitato Alessandro sia la stessa posta sul sagrato, composta da diversi blocchi di epoca romana. La colonna originaria doveva essere ancora visibile nel 1575, in quanto citata nelle visite pastorali, ma l’inferriata imposta dai decreti borromaici non fu mai innalzata, per evitare di ingombrare il sagrato, mentre si preferì rimuovere la colonna e costruirne una nuova con parti di riutilizzo; infatti, la porzione alta è costituita da rocchi di epoca romana, mentre il capitello, la base ed i primi due pezzi sono stati fatti costruire nel 1618 dal Vescovo Emo. Molte fonti antiche la chiamano Colonna del Crotacio e per questo denominano il borgo Vico Crotacio, poi divenuto “Vico S. Alessandro” e oggi Borgo San Leonardo.

 

Prato e fiera di Sant'Alessandro
Transito per il trasporto alla sepoltura

Se l’intenzione iniziale di Grata e dei suoi compagni era quella di risalire l’irto colle tramite l’attuale via Sant’Alessandro per portare a sepoltura il martire, poi il gruppetto dovette piegare verso est, imboccando le viuzze che conducevano all’attuale Sentierone. Da lì si diressero verso il Borgo Pignolo e all’altezza dell’attuale Parrocchiale, dopo una pausa ristoratrice, i servi della nobile Grata alternarono uno con l’altro il peso rilevante del corpo acefalo e inerte per poter proseguire l’ascesa al colle.

 

Chiesa di Sant'Alessandro in croce
Dove germogliarono fiori durante il trasporto del corpo

La chiesa è stata eretta nel X secolo per volontà vescovile e in un documento del 1183 è detta “ecclesia Santi Alexandri de Mugazone”. Ampliata più volte nel corso dei secoli e poi interamente rifatta dalle fondamenta, viene consacrata una prima volta nel 1507 e poi nel 1737, nonostante i lavori di ristrutturazione iniziati nel secolo precedente, per conto e opera dei fedeli, non fossero ancora terminati: lo stesso campanile fu ultimato nel 1714, con la sistemazione sulla sommità della statua di Sant'Alessandro, mentre la facciata solo nel 1923. L’aggettivazione posta a fianco del santo titolare (in antico di Lacruce) rimanda tradizionalmente al crocicchio su cui la chiesa affaccia, da cui dipartono le attuali vie Masone, Pelabrocco, Pignolo e S. Tomaso, mentre un’altra tesi sostiene che sia sorta a fianco di una colonna su cui stava una croce in ferro, demolita per allargare lo snodo delle diverse strade dell’antico Borgo Pignolo, già Tomaso e ancor prima Mugazone. Un’ulteriore teoria la indica come il punto in cui sbocciarono miracolosamente delle rose, sul terreno bagnato dal sangue del martire. Sull’altare maggiore la mensa poggia sull’antico sarcofago che fino al 1561 contenne i resti del martire, riprodotto anche in un dipinto della bottega di Enea Salmeggia e conservato nelle sacrestie del Duomo di Bergamo.

 

Basilica alessandrina, distrutta l'1 agosto 1561, e Porta Sant'Alessandro
Prima sepoltura

È sicuramente l’edificio più compianto della storia di Bergamo, demolito insieme a 80 case di borgo Canale nella notte dell’1 agosto 1561 per la costruzione della cinta bastionata (1561-1595). Viene documentata a partire dall’anno 774, ma la sua titolazione la fa risalire a secoli prima, in quanto custode dei resti del martire Alessandro sulla cui sepoltura venne innalzata: a tre navate e scandita da 12 colonne secondo lo storico Mario Lupo, verrà distrutta e subito ricostruita dopo le invasioni barbariche, tra cui quella più rovinosa operata da Arnolfo nel 894 d.C. È considerata, a ragione, la prima chiesa paleocristiana della città, sede del capitolo omonimo e parte di un complesso sistema di edifici - la chiesa di S. Pietro, la residenza del Vescovo, la canonica e lo Xenodochio - che causarono l’acceso antagonismo con il capitolo della chiesa di S. Vincenzo, dopo la conversione longobarda al credo cristiano nel VI secolo. In ricordo della sua importanza è stata eretta nel 1621 per volere del Vescovo Emo, poco più a monte del sito effettivo, una colonna con frammenti romani in granito di Numidia.

Porta Sant'Alessandro, edificata a partire del 1565, si apre nella parte ovest delle mura ed è collocata tra il baluardo di S. Alessandro e il Forte di S. Marco Superiore. Rappresentava uno tra i punti più deboli della fortezza, per la depressione su cui era stata costruita e che la esponeva a possibili assalti provenienti dal Borgo Canale: proprio per questo si contava sia sul forte che sul baluardo per la sicurezza dell’intero abitato. Inoltre la sua difesa era fondamentale, in quanto gli acquedotti dei colli venivano diramati all’interno dell’abitato tramite un partitore, posto al suo interno, che garantiva il rifornimento idrico di pozzi e cisterne, soprattutto in caso di lunghi assedi. È similare per foggia e struttura a Porta Sant'Agostino, tuttavia il prospetto è meno raffinato in quanto rivolto verso i colli e non al centro abitato: i paramenti esterni sono in pietra grigia fino al cordone, mentre la parte superiore è in pietra gialla di Castagneta. La sua costruzione, insieme al vicino baluardo, oltre alle case di Borgo Canale, costò la distruzione della precedente porta medioevale e della basilica paleocristiana.

 

Duomo e Museo della Cattedrale
Seconda sepoltura

Distrutta la Basilica alessandrina, nella notte dell’1 agosto 1561 i fedeli, secondo la tradizione, riuscirono a traslarne i resti ed a condurli fortuitamente nel Duomo di San Vincenzo. Come testimonia la Camera del Tesoro del Duomo, i canonici alessandrini credevano che la loro permanenza in San Vincenzo sarebbe stata temporanea, fiduciosi che Venezia non li avrebbe abbandonati senza riscostruire la loro basilica. Questo però non avvenne, quindi per quasi 100 anni i due santi - Alessandro e Vincenzo - furono costretti a condividere lo stesso edificio, ognuno con il proprio altare, il proprio calice ed i propri paramenti sacri. Poi la situazione precipitò, quando, il 4 novembre 1689, con atto ufficiale ad opera del Vescovo Daniele Giustiniani, il papa accettò di eleggere a patrono unico di Bergamo Alessandro, scalzando Vincenzo e relegandolo dal 1704 nella cappella laterale l’altare maggiore! I suoi resti sono ora posti nell’urna d’argento sull’altare maggiore, mentre gli altari laterali conservano le reliquie dei Santi Vescovi bergamaschi Narno, Viatore e Giovanni e dei Santi Esteria, Fermo, Giacomo, Procolo, Proiettizio e Rustico.

L’attuale Cattedrale cittadina è indicata come Duomo già nel IX secolo. La vicenda della sua costruzione è assai complessa: la prima menzione risale all’anno 774, ma gli ultimi ritrovamenti archeologici (2004) ne anticipano la costruzione alla prima era cristiana e su fondamenta romane. L’attuale edificio ha sostituito la modesta chiesa ariana, dedicata a S. Vincenzo (lunga 16 metri, larga 10), che aveva come sussidiaria per i battesimi la primitiva e adiacente chiesa di Santa Maria (oggi Basilica di Santa Maria Maggiore). La prima pietra della nuova chiesa fu posta nel 1459 su disegno di Antonio Averulino detto Filarete: di questa costruzione, mai completata, rimangono segni nei muri perimetrali esterni di pietra grigia, con larghe ed eleganti modanature. Del Filarete è pure rimasta la pianta della navata e del transetto, con tre cappelle per lato. Nel 1500 i lavori non erano ancora stati ultimati e la costruzione della fabbrica venne sospesa. Dopo varie riprese e interruzioni dei lavori, dibattiti e diverse consulenze, nel 1688 viene interpellato l’architetto ticinese Carlo Fontana: il suo disegno, mantenendo il perimetro dei muri quattrocenteschi, sopralza l’edificio, apre una serie di finestre sopra la trabeazione interna e a metà del transetto alza una cupola emisferica su tamburo cilindrico. Inoltre fa arretrare il presbiterio fino all’attuale Via Mario Lupo e pone sotto il piano, sopraelevato rispetto alla navata, uno scurolo accessibile dal vicino cortile dei canonici. Nel corso del XIX secolo sono state aggiunte la cappella del Crocefisso, la cupola e la nuova facciata e dal 2012 è aperto il Museo del Tesoro e degli Scavi del Duomo.

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