Per il progetto Pasturs

Metti un'universitaria di città al lavoro in una malga di Gandellino

Metti un'universitaria di città al lavoro in una malga di Gandellino
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Uomini duri, forgiati dal lavoro e dalla vita all’aria aperta, molto spesso in solitudine, in alta montagna. E una ragazza di città, 24 anni, tanto tempo speso sui libri dell’università e una gran voglia di mettersi in gioco. Due realtà molto differenti, che insieme lavoreranno per fare fronte comune contro un possibile pericolo per le pecore: orsi e lupi. A mettere in contatto volontari e pastori è il progetto Pasturs, ideato dalla cooperativa Eliante con la partnership del Parco delle Orobie Bergamasche e del WWF Bergamo-Brescia. Per tutta l’estate 2016 quaranta candidati affiancheranno a turno cinque pastori, in altrettanti alpeggi, per mitigare il rischio per le greggi dovuto ai grandi predatori. In sostanza lupo e orso.

Questa è la storia di Nadia Rizzi, che per una settimana vivrà con i pastori alla baita Cardeto di Renato e Christian Balduzzi, a 1709 metri, sopra Gandellino. Bergamo Post l’ha accompagnata nel suo primo giorno in altura.

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La partenza. Ore 8. Il punto di ritrovo è in via Gavazzeni a Bergamo. Le prime ad arrivare, accompagnate dai genitori, sono le milanesi Nicole Gargantini di Gorgonzola e Silvia Grossi di Corsico. Loro trascorreranno due settimane all’alpe Vodala insieme al pastore Silvestro Maroni, detto Silver. Poi arrivano le operatrici Chiara Crotti della cooperativa Eliante, la collega Laura Rocchi e Nadia Rizzi. Si parte alla volta di Gandellino.

L'accoglienza del pastore. Ad accogliere il gruppo al punto di partenza ci sono Renato Balduzzi, 57 anni, e suo figlio Christian, 34. Nell’immaginario i pastori sono visti come uomini rudi, schivi, che mettono un po’ di soggezione. Invece Renato è un vero galantuomo, attento, premuroso, cerca subito di mettere Nadia a suo agio: «Guarda che su alla malga è bello, ti ho preso un materasso e una copertina nuovi. Poi se c’è qualcosa di particolare che ti piace mangiare fammelo sapere che te lo porto su. Non voglio che vai a faticare!». E rivolgendosi al figlio: «Christian, portale su lo zaino con la moto che così non fa fatica». Nadia sorride, si sente coccolata, ma sottolinea: «Grazie, molto gentili, ma lo zaino lo porto da sola. Sono venuta qui per dare una mano, il lavoro non mi spaventa».

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Renato è ciarliero, gli piace parlare della sua attività: «Facciamo questo lavoro da tre generazioni, abbiamo circa 3500 pecore dislocate in diversi alpeggi, due in Piemonte, altri qui in zona». Balduzzi senior non bada più agli animali, ora li commercia: «Compro e vendo ovini – spiega -. Lavoriamo grazie ai musulmani, che consumano grandi quantità di carne di pecora, oppure mandiamo gli animali vivi ai macelli nelle Marche e in Abruzzo, dove preparano gli arrosticini. La carne della pecora gigante bergamasca è molto pregiata, è tenera, buonissima». La lana, che negli anni Cinquanta-Sessanta era la vera fonte di reddito, ora non vale molto e ad aiutare i pastori nella loro attività ci sono i sussidi della Comunità Europea «che però non sono ‘ste grosse cifre», precisa Renato. Cosa si aspetta un uomo con 40 anni di esperienza dalla collaborazione con i volontari? «Ho aderito al progetto perché penso che nella vita ci sia sempre qualcosa da imparare. Questi ragazzi hanno studiato, no? Possono insegnarmi qualcosa, e io posso insegnare qualcosa a loro».

 

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In marcia verso la malga. Le operatrici e le tre ragazze si infilano lo zaino e partono verso la malga. Christian intanto fa la spola con la moto da enduro per portare in alpeggio ciò che serve: il trasformatore per le recinzioni elettriche, il sale, attrezzi vari. A Nadia viene consegnato il kit del volontario composto da una tenda, una doccia a pannelli solari, una cassettina di pronto soccorso, un materassino, un poncho di sicurezza in caso di pioggia. Il cammino è faticoso, parte in mezzo ai prati, si addentra nel bosco. È proprio qui che potrebbe nascondersi il pericolo più grande per il gregge: l’orso già c’è, ma per il momento non ha fatto grossi danni, mentre il lupo potrebbe arrivare tra qualche anno. Il percorso per raggiungere l’alpe Cardeto si conclude con un bel tratto aperto e con un contorno mozzafiato di montagne solcate da cascate e ruscelletti.

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Dopo circa un’ora e mezzo di cammino Nadia vede il gregge di pecore in lontananza: «Eccole! – esclama contenta – Le mie compagne di avventura!». Ad attendere il gruppetto fuori dalla malga ci sono Christian e Paolo Macovej, 48 anni, pastore rumeno che lavora per i Balduzzi da 12 anni: «Lui è bravissimo – aveva avvisato Renato -, sale a giugno e scende a settembre, è il vero pastore». C’è anche un amico della famiglia che è di passaggio. Ormai è ora di pranzo, Paolo prepara una pasta al pomodoro. Silvia, Nicole, Chiara e Laura si accontentano di un panino: devono tornare a valle più in fretta possibile per raggiungere gli spiazzi di Gromo e partire verso la malga del Silver.

Ci si conosce un po'. A tavola si comincia a rompere il ghiaccio. Nadia racconta un po’ di sé. Ha frequentato il corso di “Scienze e tecnologie delle produzioni animali” con la specializzazione in “Allevamento e benessere animale” alla facoltà di Veterinaria. Ora le manca un esame per concludere la laurea magistrale e ha scelto il curriculum “Sistemi zootecnici e faunistici”. Studia in pratica la relazione tra animali d’allevamento e animali selvatici. La tesi la sta preparando sul lupo e i danni che provoca agli allevamenti. «Qui nelle Orobie il lupo non è ancora arrivato – spiega -, ma credo che nel giro di 3-4 anni ritornerà a popolare le nostre montagne. Infatti il progetto Pasturs mira a fare prevenzione in questo senso, i pastori si devono preparare per proteggere le loro greggi e noi, che abbiamo fatto un corso intensivo di due giorni su questo tema, diamo loro una mano».

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Infatti la maggior parte dei 40 volontari che sono stati selezionati sono studenti di Veterinaria o corsi affini. Le richieste pervenute per partecipare al progetto sono state circa 200. Le candidature più particolari sono quelle di due ragazzi siciliani, che staranno in alpeggio un mese e mezzo, e un ragazzo olandese, che poi si è ritirato. I criteri di selezione riguardavano il percorso di studi e, in secondo luogo, la territorialità, ovvero la residenza nella provincia di Bergamo, dato che il progetto è stato finanziato dalla Cariplo. Sono tante le ragazze che hanno scelto di partecipare. «In effetti c’è parecchio interesse da parte delle donne all’allevamento e alla pastorizia – conferma Nadia -. Tant’è che al mio corso le ragazze erano 8 su 9». Cosa ha spinto la 24enne a scegliere questo percorso di studi? «Fin da bambina volevo fare la veterinaria. Quando mi sono iscritta all’università ho trovato il corso di "Allevamento e benessere" molto più stimolante perché ho a che fare con animali che stanno bene e che posso far stare ancora meglio, mentre la veterinaria classica cura animali malati, feriti. È un approccio diverso».

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L'orgoglio del pastore. Christian Balduzzi inizialmente parla poco. Ma basta fargli qualche domanda sui suoi animali che diventa un fiume in piena. «Il mio è un lavoro duro, è una malattia. Stare in mezzo alla natura, all’aria aperta, vedere gli agnelli crescere… è una vera soddisfazione. Ci sono giorni in cui manderesti tutto al diavolo, poi quando stacchi anche solo un giorno le bestie ti mancano». Lui ha cominciato a lavorare a 17 anni, dopo aver mollato al quarto anno il liceo scientifico di Clusone. «Già da bambino correvo dietro a mio papà e a mio nonno, cercavo di dare loro una mano. Poi ho scelto di fare questa vita. Mi piace? Certo, altrimenti non lo farei, anche perché bisogna fare molti sacrifici, le pecore mangiano tutti i giorni, anche a Natale e ai giorni di festa, se piove, se nevica». Paradossalmente l’estate, nonostante l’alpeggio, per i pastori è il periodo più tranquillo: «Qui siamo nel nostro, siamo a casa, chi ci dice niente? L’inverno invece è durissimo. Transumiamo nelle zone di Vigevano, Pavia, Varese, le pecore sono vicine alla strada, bisogna stare attenti. Non sono campi nostri, dobbiamo controllare che non pestino o mangino nelle aree seminate. Stiamo all’aperto, con il freddo, la nebbia, dormiamo nelle roulotte. E poi c’è la burocrazia da seguire, l’impegno più noioso».

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Alla baita Cardeto ci sono 1500 pecore, una quarantina di capre, due cavalli e sette asini. In mezzo al gregge, perfettamente mimetizzati, ci sono due bianchi cuccioli di maremmano mentre un altro esemplare arriva di corsa dalla baita. Loro devono stare sempre tra le pecore, giorno e notte, devono proteggerle da eventuali attacchi di predatori. Infatti non bisogna accarezzarli, non si devono affezionare al padrone, ma al gregge. Poi ci sono 5 cani “da lavoro”, come dicono i pastori, che si occupano di radunare gli animali quando devono entrare nel recinto, due volte al giorno. Christian indica una pecora sdraiata con il muso appoggiato sulla schiena di una capra: «Quella è la sua mamma adottiva – spiega -. Succede spesso che le capre adottino degli agnellini, ma mai il contrario». Anzi, le pecore, seppur umili e docili, sono piuttosto selvatiche: «Loro stanno bene fuori, all’aria aperta. Se le metti in una stalla soffrono, si stressano».

La "camera da letto". Terminato il pranzo i pastori mostrano a Nadia la sua stanza. Sembra davvero di essere nella baita del nonno di Heidi. La ragazza sale una scala a pioli e si affaccia nel sottotetto. C’è una brandina, la sua, sistemata su un lato, mentre nell’altro ci sono un materasso matrimoniale e un altro letto singolo per i pastori. Dalla finestra il panorama è incantevole e Nadia già pregusta il cielo stellato e il silenzio notturno. La risentiremo tra una settimana, quando ci farà il resoconto della sua esperienza.

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