Guerra Fredda, tutti i fronti attuali

Mercoledì a Parigi ci sarà un’inaugurazione molto particolare: verranno tagliati i nastri di una grande chiesa, ben riconoscibile dalle tradizionali cupole dorate. È la chiesa di San Vladimir, destinata ai fedeli ortodossi che fanno riferimento al Patriarcato di Mosca: poche centinaia di fedeli che sino ad oggi si ritrovavano in un garage e che ora avranno a disposizione una cattedrale. I soldi per il cantiere decisamente impegnativi li ha messi il governo russo, ovviamente su input del presidente Putin. Putin non sarà all’inaugurazione, perché i rapporti con buona parte dei leader occidentali, e il presidente Hollande è tra questi, sono pessimi. Quindi il taglio del nastro della chiesa sarà fonte di imbarazzo per tutti: la Francia concentrata sul “nemico” islamico si vede arrivare in casa l’altro “nemico”, Putin, con una struttura che molti guardano già con sospetto: davvero è solo un edificio religioso o ci sono altre mire?
Il fronte ucraino. Il fatto parigino è solo l’ultimo di un’escalation che, a partire dalla guerra ucraina del 2014, ha sempre più allontanato il Cremlino dai Paesi Nato e in particolare dalla Casa Bianca. A differenza delle altre nazioni europee dell’ex Blocco di Varsavia, l’Ucraina infatti era Stato molto più “sensibile” per Mosca, in quanto prima del crollo aveva fatto parte dell’Unione Sovietica. Così, quando Putin ha iniziato a capire che la Nato aveva pianificato di portare Kiev dentro l’alleanza, il clima si è rapidamente surriscaldato. Come primo segnale, ha riannesso la Crimea alla Russia a seguito di un referendum tenuto il 16 marzo 2014, in cui la quasi totalità dei votanti ha votato per l'annessione alla Russia. La comunità internazionale, l'Ue, la Nato e l'Onu non hanno riconosciuto l'annessione della Crimea e hanno adottato le sanzioni politiche ed economiche nei confronti della Federazione Russa.
La drammatica questione siriana. Dopo di allora, anche se sul fronte ucraino oggi sembra esserci una tregua quanto meno militare, le distanze tra Mosca e Washington si sono fatte sempre più lontane. La Siria è diventata il nuovo terreno di confronto, con Putin schierato dalla parte di Assad e gli americani invece che invece non chiudono la porta ai ribelli, nella convinzione che il futuro del Paese non possa essere “regalato” al dittatore. In questo modo, sulla Siria si sta consumando una guerra per procura, con Aleppo e i suoi poveri abitanti come epicentro dello scontro.
Le elezioni americane. Ma a rendere ancor più rovente la situazione è soprattutto la vigilia elettorale americana. Putin tifa smaccatamente per Trump, in quanto il tycoon repubblicano nei suoi programmi prevede un’America isolazionista e disimpegnata dai grandi fronti che assorbono risorse e incrinano le relazioni commerciali. Al contrario Hillary Clinton è una nemica giurata del leader del Cremlino e una sua elezione potrebbe addirittura portare alla riapertura del fronte ucraino. Nei mesi scorsi, Mosca ha aperto un’offensiva senza precedenti per screditare la candidata democratica, rendendo noto, attraverso l’azione di suoi hacker, le mail dell’ex segretario di stato (Hillary ha ricoperto questa carica durante il primo mandato di Obama) con i suoi collaboratori. Una manovra che ha messo in seria difficoltà la Clinton e che riserverà altre sorprese da qui al voto di novembre.
La risposta Usa. Gli americani non sono stati con le mani in mano: nei giorni scorsi la rete americana Nbc ha rivelato che la Cia avrebbe ricevuto l’ordine di preparare un attacco cibernetico di ampia portata contro la Russia. Del resto erano stati loro a lanciare il Risiko delle rivelazioni, con i Panama Papers e i presunti fondi accumulati all’estero dal presidente Putin. A seguire sono arrivati lo schieramento di missili Iskander a capacità nucleare nell’enclave russa di Kaliningrad e la moltiplicazione dei voli militari russi al limite degli spazi aerei dei Paesi della Nato. La Nato da parte sua intanto ha avviato in Polonia i lavori per una base di missili intercettori. E ha chiamato alla mobilitazione anche i Paesi dell’alleanza. Anche l’Italia non si è potuta tirare indietro: una compagnia composta da 140 soldati sarà inviata in Lettonia al confine con la Russia nel 2017. Il gioco si fa serio…