la lettera anonima

Due operatori spiegano cos'è successo all'ospedale di Alzano

Pronto soccorso chiuso e poi riaperto. Dispositivi di protezione insufficienti. Ora sono arrivati i medici militari, esperti di emergenze.

Due operatori spiegano cos'è successo all'ospedale di Alzano
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Alzano e Nembro per giorni sono stati al centro del dibattito politico in merito alla questione se renderli zona rossa. Nel frattempo i giorni sono trascorsi. E tanti. E con loro anche i contagi e i morti. Alle autorità sanitarie regionali è venuto un dubbio che qualcosa all’ospedale di Alzano sia andato storto. Ci sarà tempo per indagare sulle procedure e i protocolli attuati in occasione del virus Covid-19. Intanto all'ospedale di Alzano sono stati mandati una ventina di medici militari esperti di emergenze che stanno sistemando la situazione per quanto riguarda l’aspetto logistico e di gestione.

Su Avvenire, il quotidiano della Cei, ieri, venerdì 13 marzo, è stata pubblicata una lettera anonima di due operatori sanitari che lavorano proprio al «Pesenti Fenaroli» dov’è scoppiato il focolaio della Valle Seriana che descrive, con toni di grande preoccupazione, come in quei primissimi giorni le decisioni prese non siano state irreprensibili, quasi contraddittorie fra loro. In quel lasso di tempo i contagi si sono invisibilmente diffusi e moltiplicati. È di ieri, inoltre, la notizia che nel solo paese di Nembro i morti siano arrivati a settanta.

«La prima anomalia si verifica nella giornata di domenica 23 febbraio – scrivono gli operatori nella lettera –, quando, a seguito della diagnosi di positività di alcuni pazienti ricoverati in Medicina e transitati dalla chirurgia e dal pronto soccorso, veniva presa la decisione di chiudere il pronto soccorso dell’ospedale. Solo poche ore dopo, incomprensibilmente, il pronto soccorso veniva riaperto, senza nessun intervento di sanificazione e senza la costituzione immediata di triage differenziati né di percorsi alternativi per i pazienti che erano subito tornati ad afferire».

«Nei giorni successivi – continuano –, diversi operatori, sia medici che infermieri del pronto soccorso ma anche di altri reparti di degenza, risultavano positivi ai tamponi per Covid-19, molti essendo asintomatici. Nei giorni immediatamente successivi cambiavano le disposizioni, per cui tutti i contatti stretti (pazienti e operatori) delle persone accertate positive non venivano più sottoposti a tampone se asintomatici. Come pensare quindi di delimitare il contagio isolando i possibili vettori? Senza ricerca attiva di possibili positivi tra pazienti e operatori transitati nei reparti a rischio?».

«In quei giorni, peraltro, venivano utilizzati Dpi del tutto incompleti. Reparti e spazi contigui e senza zone filtro, con transito continuativo di operatori tra i vari reparti che incrocia transito di pazienti ambulatoriali e parenti di degenti che si dirigono verso locali di ristorazione (macchinette del caffè), anch’essi angusti e in genere molto affollati. Solo all’inizio di questa settimana (a quasi un mese dal primo contagio), con l’arrivo di medici militari esperti nella gestione delle emergenze, si sono strutturati percorsi differenziati per limitare e contenere la diffusione del virus, ma i dispositivi di protezione personale scarseggiano e non tutti i sanitari né tantomeno i pazienti "negativi" ne vengono dotati».

«A oggi i vari reparti specialistici sono stati chiusi con il trasferimento dei degenti in altri ospedali. Tutti gli spazi liberati sono stati destinati alla accoglienza di casi accertati di coronavirus necessitanti di ricovero. Sono ad oggi quattro le cosiddette Obi. Unica eccezione (e - riteniamo- anomalia) è il reparto di psichiatria, unico reparto specialistico di pazienti "negativi" al Covid-19, circondato da reparti ad alta contagiosità».

L’Asst Bergamo Est, cui fa capo l’ospedale di Alzano, non ha  rilasciato commenti né in merito alla lettera degli operatori, né sulla metodologia applicata all'interno del presidio ospedaliero.

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