Malattia e speranza: i misteri del morbo di Alzheimer nell'installazione di Ivano Parolini
L'artista bergamasco propone introspezione e riflessione. «È vita fino all'ultimo respiro»
Un artista teso a esplorare forme espressive innovative, utili a muovere in ciascuno riflessioni e sentimenti. Lunedì 21 settembre il mondo ricorda la Giornata Mondiale dell’Alzheimer, indetta a partire dal 1994 da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dall’Alzheimer’s Disease International. In programma, un poco ovunque, vi sono incontri e tavole rotonde per approfondire aspetti sanitari e di cura che negli anni hanno visto mutare approcci e risultati. A proporre una voce fuori dal coro, quanto meno per modalità espressiva, è ancora una volta Ivano Parolini, 43 anni di Gandino, che svela per l’occasione un’installazione realizzata a settembre (il mese dell’Alzheimer) presso il Centro Alzheimer della casa di riposo Fondazione Cecilia Caccia in Del Negro del suo paese natale.
«Ho realizzato l’installazione - spiega l’artista - in un luogo deputato a cura e assistenza, utilizzando evidentemente un ambiente non impegnato per ospitare i pazienti. Su un letto è stato posato un ramo di cedro precedentemente scolpito e cosparso di catrame e in cui sono state inserite scaglie di pietra di varie dimensioni. L’utilizzo di questi materiali ha un forte carattere simbolico: le pietre rappresentano i ricordi e le funzioni mentali che, a causa della malattia, si sono “calcificate”, rendendo la persona sempre meno autonoma e slegata dalla realtà, fino a costringerla a letto e completamente dipendente da altri. Il catrame è un derivato che ha origine dal deterioramento del legno e nell’installazione rappresenta le emozioni e le sensazioni che il malato di Alzheimer ha provato nella sua vita e che, sempre più saltuariamente, emergono anche nella malattia. L’idea è proprio rappresentare, in un contesto di sofferenza e disagio, l’importanza e la mutata vitalità di questi frammenti di ricordi, percezioni, emozioni, che consentono al malato di restare aggrappato a quel che rimane della propria vita, fino alla fine».
Le restrizioni legate alla pandemia non hanno reso possibile l’apertura al pubblico in sicurezza dell’installazione, in un luogo tanto delicato come una Rsa, Le immagini e l’impegno di Parolini hanno però una serie di rimandi profondi, che si legano anche e soprattutto al recente passato della realtà gandinese. Innanzitutto il cedro è parte del maestoso albero secolare che nel 2019 è stato abbattuto (causa malattia) nel Parco Comunale Verdi di Gandino e posto al centro del progetto “Nuova vita al Cedro”, teso a offrire nuove opportunità di utilizzo anche a livello funzionale, per esempio con nuove strutture di corredo ai sentieri montani. La casa di riposo di Gandino è inoltre un luogo centrale nella triste esperienza della pandemia in Val Seriana. Da qui fra l’altro sono partiti i letti di degenza destinati all’ospedale da campo degli Alpini realizzato alla Fiera di Bergamo. Sia per il cedro che per la struttura si tratta di storie di malattia, che rivelano però squarci di speranza. Questo è in definitiva il messaggio dell’installazione di Parolini, che gode del commento critico di Francesca Bogliolo, recente curatrice a Bologna della mostra dedicata al pittore Botero. «La memoria - scrive Bogliolo - scivola informe all'interno di una materia immobile, silenziosa, instabile. Un letto immacolato accoglie un corpo ligneo fragile, dolente come un Crocifisso quattrocentesco steso sulla propria croce, fatta gemmare al fine di divenire essa stessa immagine di intensa sofferenza. Il materiale vivo cessa la propria forma per mutare in una sorta di ibrido archetipico, alieno nella forma e nella sostanza, intriso di muta espressività».
«Come un artista medievale - aggiunge Bogliolo - Ivano Parolini cerca l'identificazione con il soggetto, tentando ciò che la malattia compie con implacabile regolarità: far dimenticare. Cedro, catrame e scaglie di pietra si caricano di un forte significato simbolico, per nulla ovvio, criptico quanto la malattia stessa. Parolini sa tacere e far tacere, invitare lentamente ad approfondire la logica dell'oblio. Davanti all'installazione il sé di ciascuno gradatamente svanisce, sfuma i suoi contorni, evapora per lasciare posto a un intenso sentimento universale in cui è inevitabile riconoscersi».
Ivano Parolini ha sviluppato la propria ricerca artistica dopo il diploma all’Accademia Carrara, quando espose, nel 1999, nella mostra alla Gamec curata da Vittorio Fagone, Mario Cresci ed Enrico De Pascale. Scelto da Marco Cingolani per una mostra alla Ciocca di Milano, è stato protagonista di importanti rassegne italiane ed estere. Nel 2014, con il progetto Beauties ha esposto allo Spazio Rosso Tiziano di Piacenza e nel 2015 ha proposto una performance a tema ad Expo, prima di presentare a Londra il suo “libro illustrato”, pezzo unico ispirato al romanzo Da qualche parte nel mondo di Chiara Cecilia Santamaria. Del 2016 sono l’installazione Relitti nella colonia Sciesopoli a Selvino legata alla Shoah e il progetto Anime, in occasione del quale un grande Crocifisso dipinto da Parolini ha sostituito la pala maggiore di Ponziano Loverini nella Basilica di Gandino. Anime ebbe anche un’antitetico sequel fra calcarei giurassici alla Buca del Corno di Entratico, dove Parolini ha esposto il Trichierotauro: una scultura ossea alta circa 2,50 metri, con un’apertura alare di oltre 7 metri formata da ossa di toro, cavallo, capra, cinghiale, muflone, struzzo, asino e pecora e frutto di un lavoro manuale che l’ha impegnato per mesi. Del 2018 è invece la performance La Sposa (denuncia contro la violenza sulle donne a ricordo di Pippa Bacca), cui hanno fatto seguito negli ultimi anni la mostra personale Beauties 2.0 ad Alassio e l’installazione Flowers a Gandino, dedicata al Sinodo dell’Amazzonia.