Dopo il Covid, la Fiera torna in grande stile e vuol diventare «un luogo vivo tutto l'anno»
Sannino: «Abbiamo già in programma venticinque manifestazioni». Si riparte a Sant'Alessandro, poi tornerà Creattiva, che andrà anche a Brescia, Napoli e a Roma
di Andrea Rossetti
Quando, nel luglio 2019, accettò l’incarico di presidente, l’orizzonte era ben diverso da quello attuale. Allora, nel giorno della sua nomina, il commercialista Fabio Sannino si descrisse come un «professionista senza particolari virtù, ma con alcuni difetti che potrebbero essere utili». In realtà, fu proprio una sua virtù a portarlo alla guida di Promoberg: la grande capacità a fare di conto, l’occhio “clinico” in ambito societario, fiscale e finanziario maturato in trent’anni di lavoro nello Studio Pedroli Venier, in pieno centro città e di cui è partner socio. Queste qualità, Sannino le aveva già ben mostrate tra il 2012 e il 2015, quando fu liquidatore della società provinciale partecipata Servicetec Srl.
In quel luglio 2019, Promoberg era appena stata investita dallo tsunami dell’inchiesta che aveva coinvolto i suoi vertici e aveva la necessità di trovare un comandante in grado di traghettarla fuori dalla tempesta, in acque più tranquille. Proprio quando pareva che, lentamente, le cose stessero migliorando, ecco però la pandemia. Una vera e propria sberla per una realtà che gestisce una Fiera e un teatro (il Creberg). Un evento inatteso, che ha costretto Promoberg e Sannino a cambiare approccio: gestire e riorganizzare non bastava più.
Oggi, a distanza di quasi un anno e mezzo dallo stop causato dal Covid, si torna a vedere la luce in fondo al tunnel: il 31 luglio i padiglioni di via Lunga, dopo essere stati “liberati” dall'ospedale temporaneo, saluteranno anche il centro vaccinale gestito dall'Asst Papa Giovanni XXIII e torneranno pienamente in possesso di Promoberg, che potrà così riprendere la sua programmazione. Che partirà tra la fine di agosto e l’inizio di settembre con il ritorno della tradizionale Fiera di Sant'Alessandro.
Sannino, quale sarà la prima cosa che farà quando tornerà in pieno possesso della Fiera?
«Ci farò un giro e lascerò che le idee vaghino un po’. C’è tanta voglia di fare, di ripartire».
Siete già pronti per Sant’Alessandro?
«Direi di sì, il grosso è fatto. Certo, non sarà come in passato. La pandemia non si può dimenticare o mettere da parte. Ma è il momento di pensare al domani».
Parole non proprio da gestore.
«Diciamo che la realtà mi ha costretto a forzare un po’ la mia essenza. Mi trovo, giocoforza, a vestire i panni dell’imprenditore, che non sono proprio i miei. Per fortuna la squadra che abbiamo creato in Promoberg è veramente di alto livello».
Una squadra che ha perso dei pezzi a causa della pandemia?
«No, fortunatamente. Nel 2020 abbiamo dovuto fare cinque mesi circa di cassa integrazione e lo stesso vale per questo primo semestre del 2021, ma sono orgoglioso di dire che non abbiamo fatto alcun taglio. Anzi, abbiamo regolarizzato alcune posizioni di collaboratori che, in precedenza, non erano proprio chiare e limpide».
Finanziariamente, come esce Promoberg da questo maledetto anno e mezzo.
«Non è stato facile, per niente. Abbiamo dovuto fare un lavoro certosino di controllo conti. Ma alla fine siamo nella stessa situazione in cui eravamo prima della pandemia: con i bilanci in ordine e senza debiti».
Un mezzo miracolo, considerando che non avete potuto lavorare per un anno e mezzo. Lo Stato vi ha aiutato?
«Sì, alla fine abbiamo ricevuto circa mezzo milione di euro di sostegni complessivi, che si sono rivelati fondamentali».
L’ottobre scorso, però, avete instaurato un braccio di ferro con Regione per avere dei soldi...
«Guardi, devo ammettere che allora voi di PrimaBergamo mi avete fatto proprio arrabbiare...».
Perché?
«Perché ci avete fatto passare come degli opportunisti. In realtà, la situazione era molto più semplice: noi non ci siamo mai tirati indietro dall’aiutare la comunità, eravamo perfettamente consapevoli di ciò che stava accadendo. Però, così come la proprietà della Fiera (l’ente Bergamo Fiera Nuova, ndr) riceveva un indennizzo per la presenza dell’ospedale in Fiera, ritenevo che fosse giusto riconoscere un indennizzo anche a noi in quanto concessionari della Fiera».
Be’, i soldi poi sono arrivati, come ci ha detto.
«Sì, ma solamente il mese scorso. Comunque non ci fu nessun braccio di ferro, glielo assicuro».
Eppure il prefetto fu costretto a requisire la Fiera alla fine.
«Le posso assicurare che io avevo dato piena disponibilità. Chiedevo solo di parlarne, evitare una situazione come quella della primavera precedente».
Ovvero?
«Quando Regione decise di realizzare l’ospedale, non ci diede neppure un documento. Nulla. Semplicemente, i lavori iniziarono. Era un momento particolare naturalmente, delicato, durissimo. Le priorità erano altre e infatti anche noi di Promoberg ci siamo dati attivamente da fare partecipando alla progettazione della struttura in collaborazione con artigiani e Alpini. A ottobre, però, la situazione era un po’ diversa. C’era più margine, si potevano fare le cose per bene. Invece, alla fine, si è preferito forzare la mano».
Ci conceda una critica: in quel momento, forse, fu un po’ indelicato parlare di soldi. Una caduta di stile, diciamo. Tant’è che alla fine gli aiuti sono arrivati.
«Può essere. Ma io rappresento Promoberg e devo tutelare Promoberg. In ogni caso, non voglio fare polemica. Volevo solo chiarire come andarono le cose, perché non mi piacque passare per opportunista».
Ora l’ospedale non c’è più, mentre c’è ancora l’hub vaccinale, ma solo fino al 31 luglio.
«Esattamente».
La campagna vaccinale procede bene, ma resta aperta la possibilità di un terzo richiamo in futuro. Non c’è il rischio che la Fiera debba tornare a ospitare un centro vaccinale in autunno?
«L’accordo con le istituzioni sanitarie del territorio è chiaro. Poi, ovviamente, nessuno sa quel che ci riserva il futuro, soprattutto in un momento come questo. Sono il primo a pensare che un luogo come la Fiera sia innanzitutto un luogo al servizio della comunità. Però la sua destinazione naturale è diversa da quella di hub vaccinale. Noi comunque restiamo al servizio e con il direttore di Ats, Massimo Giupponi, abbiamo già dato la disponibilità, in futuro, del Teatro Creberg ad esempio».
Siete già proiettati al domani quindi. Con ottimismo?
«Grande ottimismo, anche se credo sia normale che qualche preoccupazione ci sia».
Di che tipo?
«Come ho detto, nessuno può sapere cosa ci riserva il futuro, soprattutto in un momento come questo. Non sono un imprenditore, ma la situazione prevede che io ragioni come tale. E quindi faccia anche delle scommesse sul futuro. Mi creda: ho passato notti insonni nell’ultimo anno e probabilmente ne passerò ancora. Ma ritengo la Fiera, e quindi Promoberg, un asset importante della città, in grado di dare tanto a Bergamo».