La replica della Carrara: i conti sono in ordine e il riallestimento valorizzerà la pinacoteca
Maria Cristina Rodeschini e Gianpietro Bonaldi difendono la gestione degli ultimi anni e preparano il 2023. Si comincia con la mostra su Cecco del Caravaggio
di Paolo Aresi
Maria Cristina Rodeschini e Gianpietro Bonaldi non sono d’accordo. Dicono: «Avete scritto sul vostro giornale che l’Accademia Carrara non va bene e che i conti non tornano. Questo non è vero. I conti tornano, in questi sei anni abbiamo registrato utili di esercizio e abbiamo costituito un patrimonio di un milione e centomila euro». Rodeschini e Bonaldi sono venuti a trovarci dopo i due ampi articoli dedicati alla pinacoteca dell’Accademia Carrara, usciti negli ultimi numeri di PrimaBergamo. Articoli critici, dove si esprimevano perplessità sull’andamento della pinacoteca in questi anni. La direttrice dell’Accademia e il responsabile operativo hanno discusso con noi a tutto campo.
Abbiamo scritto che i conti non tornano perché espressioni del genere sono state usate da componenti della stessa Amministrazione comunale.
«Hanno sbagliato, i conti sono in perfetto ordine, la Carrara pareggia il suo bilancio ordinario intorno ai due milioni di euro e siamo riusciti anche ad avere degli utili. Negli anni in cui ci sono grandi mostre il conto economico sale anche a tre milioni, ovviamente».
Forse chi si lamenta si riferisce al contributo del Comune, che è di 870 mila, non poco.
«Sì, ma la Carrara è un bene pubblico e il Comune dal 1958 ha sempre provveduto al suo sostegno economico».
Ci si aspettava che con la Fondazione, che governa la Carrara dal 2016, l’impegno per le casse comunali si sarebbe alleviato.
«I privati hanno risposto comunque bene, abbiamo una forte presenza di soci e di sponsor».
I primi soci sono usciti dalla Fondazione.
«È un normale avvicendamento. Ultimamente sono entrati soci importanti come PwC, Confartigianato, Humanitas, Metano Nord...».
La Carrara ospita una media di 50 mila visitatori l’anno, le previsioni erano di un afflusso maggiore.
«No, non è così. La quantità di visitatori ci soddisfa. Dobbiamo anche considerare che abbiamo riaperto sette anni fa, ma che oltre due anni sono stati segnati dal Covid. Diremmo che ce la siamo cavata bene. Poi si può sempre migliorare...».
Passiamo al taglio dell’esposizione da seicento a trecento quadri. Si fa per contenere i costi?
«No. Questo è un altro equivoco. Il taglio prima di tutto non è un taglio. La collezione permanente passa da ventotto a quindici sale, ma ricaveremo gli spazi per potere presentare rassegne temporanee in cui mostrare tutto il patrimonio della Carrara, fatto di mille e ottocento dipinti e di tanti altri oggetti d’arte. Potremo tenere anche delle mostre importanti senza dovere andare a cercare spazio chissà dove, pagando pure degli affitti».
Ma scusate, perché non ci si è pensato prima? L’ultimo riallestimento è terminato nel 2015, la nuova Carrara venne inaugurata il 23 aprile di quell’anno...
«Il cambiamento di oggi è il frutto di una riflessione elaborata durante il periodo del Covid. Bisogna considerare che, quando venne riaperta nel 2015, la Carrara arrivava da sette anni di chiusura e anche per questo si pensò di presentare gran parte del suo patrimonio: una sorta di compensazione. Adesso le cose sono cambiate, ci rendiamo conto che servono spazi più elastici, che occupare tutte e ventotto le sale con i seicento quadri è eccessivo. È una riflessione rispetto agli allestimenti che tutto il mondo museale, non solo in Italia, sta facendo. In particolare, noi vogliamo che le mostre temporanee e l'esposizione permanente stiano in Carrara, sotto lo stesso tetto, in modo che si diano una mano a vicenda. Chi verrà a vedere la mostra di Cecco del Caravaggio che si terrà dopo i lavori di modifica, a fine gennaio, poi potrà visitare la Carrara e viceversa. Comunque è vero che questo nuovo assetto consentirà dei risparmi, che non fanno mai male. Ma, ripetiamo, non è questa la ragione vera». (...)