Accogliere 500 migranti? Le coop storiche si fermano a 50 (e la Caritas non ha partecipato)
Dopo tre bandi prefettizi andati deserti, nell'ultimo solo Ruah e La Fenice si sono fatti avanti. Ma per un numero esiguo di soggetti
di Andrea Rossetti
A maggio, don Roberto Trussardi, direttore della Caritas diocesana di Bergamo, era stato molto chiaro: la Chiesa di Bergamo non avrebbe più partecipato ai bandi della Prefettura per l’accoglienza straordinaria dei migranti. «La questione non è economica - aveva spiegato al nostro giornale don Trussardi -. La questione sono i criteri dell’accoglienza, che non accettiamo più: secondo noi non sono abbastanza rispettosi nei confronti dei migranti. Continueremo a fare accoglienza, ma a modo nostro».
Il flop dei bandi
La conseguenza concreta di questa scelta si è vista anche giovedì, 30 giugno: dopo ben tre bandi prefettizi andati deserti, a quello per accogliere 500 migranti (la cui chiusura era inizialmente prevista per il 23 giugno ed è stata poi prorogata) hanno risposto solamente - di bergamasche “storiche”, nulla esclude che realtà di altre zone e da noi non note abbiano aderito - le cooperative Ruah e La Fenice, che insieme hanno dato disponibilità a prendersi in carico una cinquantina di persone attraverso l’accoglienza diffusa, ovvero in piccoli appartamenti o comunque in piccole strutture dislocate sul territorio. A dimostrazione che sono ormai lontani i tempi in cui Chiesa e terzo settore accorrevano in aiuto dello Stato.
Che cosa è successo
«Bisogna che sia chiara una cosa: fare accoglienza come si faceva in passato non è più possibile - spiega Daniela Meridda, presidente della Cooperativa Ruah -. Inoltre, il fatto che Caritas abbia legittimamente scelto di non partecipare al bando “toglie” un numero importante di strutture che avrebbero potuto ospitare migranti. Noi alla fine abbiamo deciso di partecipare per due motivi: il primo è che la Prefettura ha leggermente cambiato le condizioni del bando, rendendo il tutto economicamente più sostenibile; il secondo è per dire che, nonostante tutto, noi ci siamo. La nostra missione è aiutare le persone e vogliamo continuare a farlo».
In quel «nonostante tutto» di Meridda c’è la realtà dei fatti: la fiducia tra Istituzioni e terzo settore si è inevitabilmente incrinata dopo l’inchiesta sull'accoglienza dei migranti, mediaticamente (anche da parte delle autorità) descritta, nel 2020, come una «bomba» tesa a mettere fine a un sistema «mangiatoia» e, col passare del tempo, sgonfiatasi al punto che l’intera vicenda non arriverà neppure a processo, dato che gli ultimi otto soggetti rimasti coinvolti (su un’ottantina inizialmente citati addirittura come parte di un’associazione a delinquere) hanno avuto l’ok del Tribunale alla messa alla prova. Il che significa lavori socialmente utili ed estinzione dei reati.
I debiti non pagati
Proprio Caritas e Ruah sono state due delle realtà più duramente colpite da questa vicenda giudiziaria. E ciò nonostante - come dicono le carte processuali - su oltre tremila migranti accolti si contestassero loro le rendicontazioni di due soli soggetti. A ciò si aggiunga anche che la Prefettura, dunque lo Stato, deve ancora a entrambe le realtà milioni di euro arretrati proprio per il lavoro di accoglienza svolto negli anni passati. (...)