Teatro

Oblivion: «Ci piace tenere un piede nei diamanti e l’altro nel letame»

Sul palco della ChorusLife Arena, venerdì 28 marzo, i cinque geniali cantanti-attori con “Tuttorial, guida contromano alla contemporaneità”, rivisitazione ironica delle follie e delle stranezze del mondo di oggi, schiavo del digitale

Oblivion: «Ci piace tenere un piede nei diamanti e l’altro nel letame»
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Di Fabio Cuminetti

Una sorprendente cavalcata virtuosistica, ironica e sempre un po’ grottesca fra vizi e tic della contemporaneità schiava del digitale. Parliamo di “Tuttorial”: l’ultima scommessa degli Oblivion - il geniale quintetto di cantanti-attori che ha legato il suo successo a celebri parodie come “I Promessi Sposi in dieci minuti”, a riusciti mashup canori tra autori diversissimi, a spettacoli capaci di mescolare musica, ironia, virtuosismi vocali, riferimenti colti – venerdì 28 marzo arriva alla ChorusLife Arena.

Graziana Borciani, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli ci mostrano una realtà alternativa dove Leonardo da Vinci non riesce a produrre contenuti virali e Marco Mengoni canta all’Ikea. Senza senso e senza tempo, personaggi di varie epoche allietano le giornate dei loro follower in cambio dell’agognato successo. Dare piacere per monetizzare, in pratica il mestiere più antico del mondo.

Davide Calabrese, il caleidoscopio degli Oblivion questa volta punta sulla tecnologia, nodo di questa contemporaneità un po’ assurda.

«In verità noi non vogliamo mistificare quello che è un processo irreversibile, nel quale troviamo anche un sacco di vantaggi: ad incuriosirci è stato invece l’aspetto comico. Ecco che nello spettacolo il narratore è proprio una Siri live, riprodotta perfettamente dalla nostra Francesca Folloni, che ci guida attraverso tutta una serie di personaggi che fanno parte della storia d’Italia, della letteratura, incastrati nell'epoca moderna. Allora vediamo Ungaretti che diventa campione di Twitter in quanto ermetico, Galileo che è un grande tiktoker pieno di follower, anche se un po’ cospirazionista. Parliamo di D’Annunzio e Palazzeschi, tenendo come sempre un piede nei diamanti e l’altro nel letame».

Ma il nostro cervello prima come passava tutto quel tempo che ora spende alle prese con uno smartphone?

«Be’ il nostro cervello moriva prima. Adesso essendosi allungata la vita in qualche modo secondo me le cose sono uguali a prima, solo che la sofferenza si è allungata (ride, ndr). Tra l’altro una delle cose che ci fanno più ridere è proprio vedere quella serie di situazioni che ti permettono di guadagnare tempo nelle app, come chi mette la k al posto del ch. Ci chiediamo: ma come si usa il tempo guadagnato in questo modo? Il tempo resta una delle chiavi di volta dello spettacolo ed è oramai la merce più importante perché la gente pagherebbe 100 euro per vederci e 500 euro per andar via se lo spettacolo è brutto...».

Come motto del suo profilo Whatsapp ha scritto: “Se mandi un vocale risparmierai tempo. Tu”.

«L’incipit è sempre: “ti mando un vocale perché così si fa prima”. Fai prima tu, io non faccio per niente prima. Ho amici dannatamente prolissi che ripetono lo stesso concetto sei volte, mentre scrivendo si fa sforzo di sintesi».

Torniamo allo spettacolo. In scena suonate tutti dal vivo, per la prima volta.

«È vero, siamo una band ora, nel senso che abbiamo imparato proprio a suonare degli strumenti diversi per questo spettacolo. Quindi non c’è minima musica registrata, è tutto live, canto e suono: una doppia conquista per noi che ci siamo divertiti molto a mettere su ‘sto spettacolo così complicato, non si sa perché (ride, ndr)».

Ecco, a proposito di complicato, ma come fate a trovare sempre tutte queste idee per stupire il pubblico? Come funziona per voi il processo di scrittura?

«Noi non siamo dei grandi talenti, ma siamo esempi di abnegazione. La scrittura è la fase più lunga in assoluto: abitiamo in città diverse, quindi lavoriamo via Skype, via Teams, e ci diamo un tempo quotidiano, tipo dalle 9 alle 16 con un’ora di pausa pranzo. Abbiamo proprio le sveglie come dallo psicanalista: c’è un tempo massimo che non si deve superare. Ci impieghiamo quasi un anno per preparare uno spettacolo: tiriamo fuori un sacco di idee e proviamo tantissimo, anche durante la tournée. Stiamo insieme da vent’anni, non siamo amici ma colleghi: forse è questo il segreto. Poco romantico, ma funziona».

Prossimi impegni?

«Il nostro scopo è sempre quello di avvicinarci a più linguaggi possibile, anche se per noi il teatro rimane l’habitat preferito, il punto di partenza e di ritorno, dove tutto inizia e tutto finisce. E sui social lavoriamo molto bene. Però anche quest’anno abbiamo fatto Zelig e Only Fun, quindi il linguaggio televisivo negli anni, piano piano, abbiamo imparato a usarlo meglio. Siamo molto attratti anche da radio e cinema. Pronti a qualsiasi sperimentazione e collaborazione, insomma: puntiamo a stare in più piattaforme».

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