Gesto importante

Dopo un mese di stop e una guerra per la testa, Miranchuk è tornato: gol (splendido) e assist

La rete del 4-0 è stata festeggiata in modo molto particolare dal russo: la profondità di quegli istanti, a casa e in tv, sono stati capiti da tutti

Dopo un mese di stop e una guerra per la testa, Miranchuk è tornato: gol (splendido) e assist
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di Fabio Gennari

Ci ha messo circa 11 secondi. Minuto 86' appena iniziato, palla ricevuta da Freuler ai 40 metri e poi via verso la porta. Uno, due, tre e quasi quattro difensori alle calcagna, lui che danza leggero con quelle scarpe azzurre che sembrano fatte di zucchero filato. Da destra al centro, con il sinistro pronto a colpire e che manda la palla nel sacco proprio dove tutti se l'aspettavano. Fin qui, la giocata di Aleksej Miranchuk sembra quasi normale per uno che ha talento. A mancare, forse, è la "garra" giusta per diventare un giocatore di livello mondiale.

Quando la rete si gonfia, però, inizia un'altra storia. Quella di un ragazzo russo che vorrebbe solo giocare a pallone. Nell'ultimo mese c'è stato l'infortunio e quello fa parte del gioco. Poi però è scoppiata anche una guerra in cui la parte dei cattivi la fanno quelli del suo Paese. Putin in testa. Aleksej è un ragazzo timido e introverso ma in campo, con la palla al piede, se è in giornata combina quello che vuole. Contro la Sampdoria, un assist e un gran gol nel giro di mezz'ora.

Dopo il gol, dicevamo, la scena si è capovolta. Il numero 59 dei nerazzurri ha percorso una ventina di metri verso la Tribuna Centrale. Ha abbozzato un sorriso ma subito ha alzato le mani. Quasi a volersi scusare per aver provato gioia in un momento triste. Dentro quel gesto, subito protetto dall'abbraccio dei compagni di squadra, si è vista tutta la semplicità di un momento difficilissimo. Pessina aveva detto che Malinovskyi e Miranchuk si erano abbracciati nello spogliatoio, sarebbe stato bellissimo rivedere quella scena anche in campo ma restano i dettagli. I gesti. Gli occhi.

Il calcio manda segnali importanti, ad Atene giovedì scorso Malinovskyi aveva detto «no alla guerra» e stavolta è toccato a Miranchuk fermarsi nell'esultanza: modi diversi di dire la stessa cosa, ovvero che questa situazione fa schifo e che non dipende dal fatto che tu sia russo o ucraino. Fa schifo e basta. Erica, un'amica mamma sprint di quattro ragazzi, ha scritto che al gol di Miranchuk ha pianto. «Lacrimoni, davanti a tutti e senza vergogna»: nulla da aggiungere, si chiamano emozioni e anche chi vi scrive ne è stato travolto. Perché in questo momento, ancora di più, non è semplicemente una partita di calcio.

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