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Bergamo ha incontrato gli educatori professionali, una professione ancora da scoprire

Emanuele Codazzi, presidente della Commissione di Albo di questi professionisti, spiega il loro importante ruolo nella società

Bergamo ha incontrato gli educatori professionali, una professione ancora da scoprire
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di Silvia Zanetti

Sabato 28 ottobre più di 110 educatori professionali iscritti all’Ordine dei TSRM-PSTRP della provincia di Bergamo, di cui fa parte anche l’Albo degli Educatori Professionali, si sono incontrati presso lo Spazio Polaresco della città per confrontarsi sull’importanza del proprio ruolo professionale per la cittadinanza.

L’idea nasce dalla voglia da parte della Commissione d’Albo Educatori Professionali di fare un bilancio dei primi quattro anni di mandato, confrontandosi con i propri iscritti ma anche dalla voglia di raccontare e condividere progetti, metodi e strumenti da mettere in atto nei servizi ai cittadini; nonché analizzare quanto è in corso rispetto al tema dell’Educatore Professionale a livello nazionale e internazionale. Per saperne di più abbiamo incontrato Emanuele Codazzi, presidente della Commissione di Albo degli Educatori Professionali di Bergamo, albo che fa parte dell'Ordine dei TSRM-PSTRP.

Ci spiega il motivo dell'evento che avete organizzato?

«Come Albo di Educatori Professionali siamo convinti che il nostro lavoro dovesse fare un salto di qualità, anche culturale, che ci permettesse di raccontare ciò che facciamo e come lo facciamo, evidenziando le scientificità che ci sono richieste per un pieno e giusto riconoscimento della nostra professione. Abbiamo pensato quindi di organizzare un incontro volto a valorizzare il nostro lavoro, che riveste un valore etico nei confronti dei cittadini, coinvolgendo anche l’Associazione Tecnico Scientifica ANEP che è la nostra associazione scientifica di riferimento».

Una professione fondamentale ma poco conosciuta. A chi sono rivolti i vostri servizi educativi? In quali strutture operate?

«L’educatore professionale si trova a lavorare quotidianamente con alta professionalità e specifiche competenze con le fragilità delle persone, operando nei servizi come le comunità per minori, le comunità mamma-bambino, nei progetti con adolescenti in difficoltà, nei servizi per i disabili, nelle dipendenze di vario genere, nella psichiatria e neuropsichiatria, nelle Rsa e in tutti quei servizi e/o progetti dove emergono fragilità temporanee o croniche».

Cosa contraddistingue le buone prassi educative?

«Essendo una figura riabilitativa la finalità del lavoro è quella di un supporto qualificato per il raggiungimento di livelli di autonomia e consapevolezza sempre maggiori nei soggetti più fragili, contrastando così l’isolamento del singolo e dei suoi familiari, promuovendo il reinserimento nella rete sociale di riferimento. Per poter agire in queste realtà, l’educatore professionale deve mettere in campo elevate competenze tecniche e professionali che riguardano la natura delle dinamiche umane e interpersonali, come ad esempio competenze psicologiche, pedagogiche, sociologiche, ma anche conoscere materie più specifiche, come la psichiatria, la neurologia, la farmacologia o il diritto e l’organizzazione dei servizi. Le nozioni teoriche e pratiche non basterebbero però, se non ci fosse anche una predisposizione all’ascolto non giudicante e alle relazioni interpersonali, visto che ci troviamo a curare persone con fragilità e dobbiamo coinvolgere anche la loro rete di riferimento».

Come sono cambiati i bisogni educativi dopo la pandemia? A che fascia di utenza sono rivolti principalmente i servizi dell'educatore professionale?

«La pandemia per la nostra professione è stato un momento molto particolare, infatti se anche prima del Covid abbiamo garantito servizi come Comunità per minori, Comunità per le dipendenze, Comunità psichiatriche, Case di riposo, ecc.. durante il periodo del Covid questi servizi hanno continuato il loro operato grazie anche agli educatori professionali, che non si sono mai sottratti al loro lavoro. Questo periodo critico da una parte ha comportato per molti di noi la perdita di persone care, dall’altra ha colpito in modo più nascosto ma particolarmente duro i preadolescenti gli adolescenti che stavano affrontando fasi delicate di crescita e si sono visti derubati di esperienze di vita significative, come la socializzazione, costretti a stare in casa davanti al computer o al cellulare per poter interagire con gli altri. Le ripercussioni di questa particolare condizione di isolamento le vediamo solo oggi nelle difficoltà e fragilità che sono emerse con urgenza negli ultimi anni post pandemia. Ecco perché è importante per noi costruire vicinanza e ascolto che li aiutino a ripensare a esperienze di vita evolutive».

Come state promuovendo fra i giovani la vostra professione?

«Ci tengo a sottolineare un progetto che come commissione di Albo insieme ai colleghi delle altre professioni del nostro Ordine stiamo portando avanti, un progetto con l’Ufficio scolastico territoriale che riguarda l’orientamento universitario, rivolto agli ultimi anni delle scuole superiori della provincia, per permettere agli studenti di conoscere professioni come la nostra e allo stesso tempo permettere una scelta più consapevole».

Com'è la situazione degli educatori professionali a Bergamo?

«Per quanto riguarda il nostro territorio, gli educatori professionali iscritti all’Ordine sono 453. Pensiamo, come Commissione di Albo, che, a causa di quel caos normativo e formativo tutt’ora presente, ci siano ancora molti educatori che non si sono iscritti ma nei nostri obiettivi c’è e ci sarà quello di aiutare professionisti e datori di lavoro nel chiarire le posizioni di ciascuna realtà per regolarizzarla, perché è fondamentale combattere l’abusivismo professionale a tutela dei cittadini, soprattutto i più fragili, che meritano professionisti competenti e formati adeguatamente».

Tutti coloro che volessero ulteriori informazioni riguardo questa professione possono consultare il sito: www.tsrmpstrpbergamo.it o scrivere all’indirizzo e- mail: alboeducatoriprofessionali.bg@tsrm-pstrp.org.

Commenti
Alessandro Prisciandaro

Gentile Redazione, premesso che la legittimazione ad agire da parte dello scrivente è la finalità statutaria. Dal momento che tra gli scopi dell’ APEI vi è quello di “promuovere la regolamentazione delle professioni educative e pedagogiche" ed il riconoscimento della professionalità degli iscritti (art. 4, lett. a e b dello statuto), e che l’associazione è stata costituita per la tutela, stabile e non occasionale, dell’interesse superindividuale degli appartenenti alla categoria professionale di pedagogisti ed educatori professionali socio-pedagogici; vista la legge 205/17, art. 1, commi 594/601 con cui si riordinano le figure professionali degli educatori e che pertanto, NON ESISTE LA FIGURA DELL'EDUCATORE ma, per legge esistono tre professioni diverse e ben distinte e precisamente: 1) "educatore professionale socio-pedagogico" si accede con laurea L19 SDE; 2) "Educatore professionale" per i servizi all'infanzia, con laurea in scienze dell’educazione con indirizzo infanzia, 3) Educatore professionale socio sanitario e della riabilitazione, con laurea tecnica L/SNT2. Si chiede come mai si continua a scrivere e definire di un "Educatore Professionale" che non esiste nella realtà lavorativa, continuando a generare confusione e fraintendimenti negli operatori??

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