Chiesetta agli ex Riuniti, i musulmani vincono in Cassazione: rinvio all'Appello
Accolto il ricorso degli islamici contro la decisione che in secondo grado aveva dato ragione a Regione
Non c'è ancora la parola "fine" sulla questione della chiesa degli ex Ospedali Riuniti e continua lo scontro legale l'Associazione Musulmani di Bergamo e Regione Lombardia. La Cassazione ha infatti accolto il ricorso degli islamici contro la decisione della Corte d'Appello di Brescia, che aveva dato ragione all'Ente regionale. Ora servirà un ulteriore giudizio di merito, che si terrà di nuovo davanti alla Corte d'Appello di Brescia. Quest'ultima dovrà avere una composizione diversa rispetto a quella che si era già pronunciata sulla vicenda.
Ricapitolando
La questione risale al 2018, quando l'azienda ospedaliera con Regione Lombardia ha messo all'asta la chiesetta, che era sempre stata la casa dei frati francescani. Nel frattempo, provvisoriamente, la chiesetta era stata affidata alle cure della comunità degli Ortodossi. L'asta però, sorprendentemente, venne regolarmente vinta dalla comunità dei musulmani.
Il fatto sollevò il dispiacere di alcuni fedeli cattolici e degli ortodossi, che già si vedevano trasferiti lì (e nelle more dei processi non si sono comportati molto diversamente). Nel caos generale, Regione decise di reagire e, nonostante fosse stata lei stessa, di fatto, a vendere il bene, decise di pareggiare l'offerta dell'Associazione Musulmani e far valere il diritto di prelazione, riacquistando dunque da se stessa l'ex chiesetta. A quel punto l'associazione Musulmani fece causa alla Regione per tutelare il diritto di proprietà.
I gradi di giudizio
Dopo la vittoria in primo grado dei musulmani, la Corte d'Appello di Brescia aveva riformulato il giudizio, dando ragione alla Regione. L'Associazione era quindi ricorsa in Cassazione, chiedendo al tribunale di accertare e dichiarare la natura discriminatoria del comportamento della Regione. Gli islamici avevano anche chiesto al giudice di condannare Regione all'immediata cessazione del comportamento discriminatorio e quindi restituire l'immobile alla legittima proprietà degli islamici. Hanno anche chiesto di annullare tutti gli atti amministrativi ritenuti discriminatori.
Motivazioni di rito e non di merito
La Cassazione ora ritiene che la Corte d'Appello non abbia preso in esame in modo corretto le motivazioni per le quali, in primo grado, era stata ravvisata la condotta discriminatoria di Regione. La vittoria in secondo grado di Regione era avvenuta per un motivo squisitamente di rito: in sostanza, secondo i giudici d'Appello il giudice di primo grado era andato oltre alle proprie competenze revocando l'atto di prelazione di Regione, che tutt'al più si sarebbe potuto disapplicare. Ora, secondo la Cassazione, la Corte d'Appello avrebbe dovuto, nel caso avesse ritenuto la sussistenza del carattere discriminatorio dell'esercizio della prelazione, disapplicare l'atto, rimuovendo la violazione del diritto soggettivo assoluto.
Questione infinita
Da una parte una situazione mediaticamente esposta, dall'altra un processo che si è incagliato più sul rito che sul merito della questione: tutto ciò sta rendendo la situazione ancora più complessa di quanto lo sia già in partenza. E dopo cinque anni la vicenda è ancora aperta.
Mi sembra assurdo anche solo per le dimensioni dell'edificio. Entrano in 1000 a pregare dove c'è spazio per 10. Per gli stranieri il rispetto delle leggi è un optional e nessuno fa niente. Parlo per esperienza diretta