J'accuse

Focolaio di Alzano, la versione dell'ex direttore dell'ospedale

Giuseppe Marzulli non risparmia le critiche nei confronti delle istituzioni, in particolare verso il Ministero della Salute, accusato di non essersi reso conto di cosa stava accadendo

Focolaio di Alzano, la versione dell'ex direttore dell'ospedale
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Il 23 febbraio 2020 il pronto soccorso dell'ospedale di Alzano Lombardo veniva chiuso: a prendere quella decisione fu l'allora direttore del Pesenti Fenaroli, Giuseppe Marzulli, allarmato dalla presenza di due pazienti affetti da Covid-19. A distanza di poche ore arrivò l'ordine che venisse riaperto da parte dei vertici aziendali e regionali, come ha dichiarato lui stesso ieri (martedì 25 maggio) ad Agi. In seguito ci fu il dilagare del virus in Val Seriana e poi in tutta la provincia di Bergamo.

Marzulli non si risparmia di fronte ai cronisti dell'agenzia, rilasciando una lunga e dettagliata testimonianza: «Ora ritengo che sia giusto parlarne perché l’opinione pubblica viene tenuta all’oscuro di quanto accadde, mentre un pool di magistrati indipendenti e coraggiosi, non accontentandosi delle apparenze, approfondisce cosa successe nelle prime fasi attraverso un’indagine molto laboriosa e complessa. Sono così emerse tutta una serie di errori e omissioni a livello istituzionale che erano evidenti per chi si è trovato a gestire la prima fase pandemica. A Bergamo esplose una "bomba atomica", ma non ci sarebbero stati tanti morti se Regione e Ministero si fossero comportati diversamente».

Riguardo l'ordine di riaprire il pronto soccorso, l'ex direttore spiega che «l’ordine di farlo arrivò in modo solo verbale, per questo gli investigatori faticano a capire chi lo diede materialmente. Qualcuno tra i partecipanti alla riunione che precedette la decisione ha provato a dire che eravamo tutti d’accordo ma non era così e infatti io non ho ricevuto alcun avviso di garanzia».

Marzulli quindi critica fortemente le autorità che si trovarono a gestire la situazione in quel periodo, ma l'accusa più pesante che fa è nei confronti del Ministero della Salute: «Con la circolare del 22 febbraio 2020 e quelle successive si stabiliva che, in assenza di sintomi, il test per la ricerca del virus non andava eseguito. Era evidente fin da subito che l’infezione era sostenuta anche dai pazienti asintomatici. Gli ordini da Roma venivano impartiti da persone che avranno anche avuto una buona conoscenza teorica, ma che non vedevano quello che stava succedendo nella pratica».

L'ex direttore parla anche della mancata applicazione del famoso piano pandemico: «L’impostazione in linea generale c’era già tutta in quel documento del 2006, ma non è stata seguita. In quei giorni succedevano cose clamorose. Come riportato dalla stampa, il 15 febbraio 2020 da Brindisi partirono gli aerei italiani per portare migliaia di mascherine in Cina, mentre qui mancava tutto».

Non è esente da critiche neanche il ministro Roberto Speranza: «È andato in Parlamento a vantarsi di avere scritto il piano pandemico nuovo. Ma com’è possibile farsene un merito per averlo fatto a un anno dall’inizio del Covid e dopo 100mila morti?» e conclude: «Mi aspetto che emergano la verità dei fatti e le responsabilità istituzionali. L’Italia arrivò del tutto impreparata all’appuntamento col virus».

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