Gli estivi a Bergamo? Ci saranno ancora, ma forse è il momento di reinventarli un po'
La pandemia, i dehors e i nuovi festival hanno cambiato tutto. E per gli esercenti è sempre più complicato gestirli
di Andrea Rossetti
Sette giorni in più, nella speranza che gli estivi alla Trucca, in Sant’Agostino e al parco Goisis tornino anche quest’anno a movimentare l’estate cittadina. Inizialmente, il bando del Comune di Bergamo si sarebbe dovuto chiudere il 9 maggio. Ma entro quella data a Palazzo Frizzoni non era pervenuta alcuna offerta. E così si è deciso di prorogare la chiusura al 16 maggio, apportando una modifica importante: un taglio del venti per cento sulla tassa di occupazione del suolo pubblico, che dopo gli ultimi due anni in cui era stata cancellata (grazie soprattutto ai ristori del Governo) è stata reintrodotta, seppure ridotta del cinquanta per cento. Ma non è bastato, vista la difficile situazione contingente in cui le attività si stanno sobbarcando già degli extra costi a causa, ad esempio, dei rincari delle materie prime e dell’energia.
La “concorrenza” dei dehors
Fortunatamente, sembra che l’ulteriore “ritocchino” al ribasso deciso dal Comune abbia convinto diverse realtà a presentare delle proposte. La certezza l’avremo soltanto nei prossimi giorni. Intanto, però, è bene sottolineare un’evidenza: l’appeal commerciale che avevano gli estivi fino a qualche anno fa oggi non c’è più. E la pandemia ha influito parecchio. Moltissimi locali e ristoranti che, fino a qualche tempo fa, potevano puntare solamente sugli estivi per avere uno spazio all’aperto nei mesi più caldi dell’anno, grazie alle agevolazioni introdotte nel 2020 e nel 2021 e in parte rimaste in vigore, hanno potuto installare dei dehors tutti loro. Così gli estivi non rappresentano più una piacevole eccezione: sono sempre di più i punti della città dove la ristorazione e, più in generale, la cosiddetta “movida” vive all’aria aperta. Basti pensare alla metamorfosi - positiva - vissuta negli ultimi anni da Borgo Santa Caterina e Piazza Matteotti.
Costi cresciuti a dismisura
Inoltre, con il Covid è stato introdotto per gli estivi l’obbligo del servizio al tavolo, che persiste anche nel bando attuale. Una condizione che comporta spese extra importanti, a partire dalla necessità di avere più personale. Peccato che, in questo momento, trovare personale sia davvero complicato. Maurizio Pirovano, presidente della Comunità delle Botteghe di Città Alta, non gira intorno al problema: «Di fatto, aprire un estivo significa avere, per quattro mesi, due locali. Con tutti i costi che raddoppiano. Una volta, con la possibilità per gli avventori di servirsi al banco, almeno sul personale si poteva risparmiare qualcosina, mentre ora non è più così. Oggi molti ristoranti e locali faticano a trovare dipendenti per le loro attività principali, figurarsi per un estivo...».
Negli anni passati, la Comunità delle Botteghe aveva svolto un ruolo importante per l’estivo in Sant’Agostino: senza partecipare direttamente ai bandi, aveva però raccolto l’interesse di diversi suoi aderenti e favorito la creazione di un’apposita società che si occupasse dell’estivo. Quest’anno non lo ha fatto. «Non c’è stata domanda - spiega Pirovano -. Credo che qualcosa si stia muovendo, ma senza il nostro supporto. Immagino si tratti soprattutto di locali che non hanno spazi esterni, che sono anche favoriti dal bando». Le priorità sono cambiate: dopo due anni complicatissimi, molti esercenti preferiscono oggi concentrarsi sul loro “core business”, rafforzandolo e tentando nuove strade per resistere alle intemperie di un mercato in continua e rapidissima evoluzione.
C’erano una volta gli eventi
Non solo: anche la sensibilità dei fruitori è cambiata drasticamente. Fino a qualche anno fa, gli estivi rappresentavano un’occasione importante per accrescere la proposta artistica e musicale della città. Ora non è più così. Da un lato, l’obbligo del servizio al tavolo ha reso gli estivi sostanzialmente dei grandi ristoranti; dall’altro, è aumentata l’offerta eventistica in città con tante e numerose iniziative, anche di livello. Fino a cinque anni fa, nei bandi la proposta della “direzione artistica” valeva moltissimi punti, mentre ora è la parte legata alla ristorazione a pesare maggiormente. (...)